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Sister, What Grows Where Land Is Sick?

Regia di Franciska Eliassen vedi scheda film

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La recensione su Sister, What Grows Where Land Is Sick?

di mck
9 stelle

Farsi carico dei dolori del mondo.

 

 

In questo bellissimo lavoro, dolente e vivissimo, il livello di glitter (¡microplastiche!) e porporina per fotogramma supera la soglia massima di sopportazione, ma ciò non toglie che “den Siste Våren” (che letteralmente significa “la Scorsa Primavera”, ma intesa come "Ultima", mentre il titolo internazionale anglofono è "Sister, What Grows Where Land Is Sick?", ovvero: "Sorella, cosa Cresce là dove la Terra è Malata?"), l’opera prima sulla lunga distanza (dopo il cortometraggio “Blue Borders” incentrato sul campo di identificazione e “accoglienza”, aka detenzione, per rifugiati di Mória a Lesbo - confini umani che separano e naturali che uniscono - e girato un paio d’anni prima della sua chiusura dovut’al fatto che fu raso al suolo da un incendio che non causò morti, ma più di 10.000 sfollati) di Franciska Eliassen, norvegese classe 1997, da lei scritta, diretta, montata e co-prodotta (la scarna sceneggiatura è stata redatta – su richiesta delle due attrici principali, perché sino a quel momento esisteva solo un soggetto, se pur compiuto – a riprese – che si sono svolte nel corso di poco più di una settimana sul finire dell’estate del 2019, quando la regista aveva da poco compiuto le 22, per rimanere in tema col titolo, primavere – già avviate, mentre per il montaggio si sono dovuti attendere quasi due anni durante i quali l’autrice è stata occupata a riprendersi da un grave trauma cranico procuratasi off-set), sia un gran film abitato e mosso da ideali ed istanze eco-femministe (lo dico per i pericolosi maschi beta e gamma che dovessero leggere queste righe: no, l’eco-femminismo – di cui, dal PdV artistico, esistono anche i sottogeneri: https://www.futurefiction.org/ciclotopia – non è una religione che propugna l’avvento di una società matriarcale di amazzoni e naiadi che salverà l’umanità dalla catastrofe: anche se, beh, detta così, io ci starei eccome, eh!) veicolate dalle due eccellenti prestazioni delle due giovanissime...

 

 

...attrici principali, Keira LaHart (la sorella minore Eira) e Ruby Dagnall (la sorella maggiore Vera), le quali all’epoca delle riprese avevano rispettivamente 13 e 19 anni, e dalla sensibilità della mettitrice in scena (arduo se non impossibile sarebbe il quantificare se e quanto le difficoltà di gestazione abbiano paradossalmente contribuito a modellare meglio l’opera, ma ad esempio la stesura di quello che è un elemento cardine della struttura della storia, ovvero il diario, dunque tanto l’aggiunta della parca voce narrante che ne declama dei passi quanto la sua realizzazione fisica vera e propria, è avvenuta per l’appunto in un secondo momento post-riabilitazione, così come l’auto-immolazione di Wynn Bruce), oltre che dalla fotografia di Henrik Lande Andersen (anch’egli alla sua prima esperienza di un certo peso in ambito cinematografico, così com’è stato per quasi tutto il resto della giovane troupe, sia per quanto riguarda il cast artistico sia per quello tecnico), i costumi di Natalie Eliassen (sorella della regista) e dalle musiche di Evelina Petrova (con Mikhail Alperin e la Oslo Chamber Orchestra), Kourosh Yaghmaei, Elina Waage Mikalsen e Viktor Bomstad.

 

Penso spesso che sto morendo. Ancora più spesso dimentico di essere viva. (Falsa gioia di vivere. Vera paura della morte.)

Qui una bellissima intervista apparsa sulla Oslo Fotokunstskole: https://www.oslofotokunstskole.no/blogg/a-implodere-av-smerte-pa-verdens-vegne.

 

Da qui invece è possibile assistere al film (assieme ad altri 11): https://www.arte.tv/it/videos/RC-024589/artekino-festival-2023/.

“Il tumulto mi divora viva. Ma Eira se la caverà meglio. Lei è roccia. Io sono acqua. Quando eravamo piccole riuscivo a capirla, prima che imparasse a parlare. Ora che possiamo parlare non ci capiamo. Vorrei poterle dire le parole che avevo bisogno di sentire, ma non le conosco nemmeno io. Come posso imparare il linguaggio delle mie antenate [le “streghe”; NdR] quando le loro parole sono state eliminate dalla storia? Pochi si avvicinano a una lingua parlata per ultima da coloro che furono bruciati vivi.”

 

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Farsi carico dei dolori del mondo.

 

* * * * (¼) - 8.25         

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