Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Ora è da vedere di che materia è fatto il sogno di Skazka, l’incubo grottesco dell’Europa, o forse un limbo fra Paradiso e Inferno in cui i più iconici gerarchi e potenti del primo Novecento (Hitler, Mussolini, Stalin, Churchill) vagano dementi a ripetere declami, urlare condanne, sbraitarsi a vicenda insulti e allusioni. È un Sokurov slapstick, con materiale di repertorio spezzettato e rimontato su scenari pittorici virati in bianco e nero, fusi assieme per eliminare qualsiasi unità di luogo e parvenza di coerenza; è un Sokurov senza scene, sia perché non esistono cesure nette, sia perché i discorsi del potere non concedono la razionalità necessaria per essere univoci, diretti, singolari. Sokurov anima questi pupazzi osceni e slabbrati in un palcoscenico che è un brodo primordiale. Skazka non è un pianosequenza, non è Arca russa, ma è come se lo fosse: vive di un’unità malefica e vorticosa, un teatro dell’assurdo automatico e digitale dove scorre la Storia coi suoi fantasmi e i suoi peccati originali.
Si può disquisire sul film come saggio sul lascito dell’era del totalitarismo, su come si faccia oggi lettura di quelle figure, su come le si sia iconicizzate e su come questo stesso processo di iconicizzazione, a volte acritico e aprioristico, sia di per sé sintomo di una schizofrenia collettiva, o di una divagazione pericolosa della memoria. Ma il film va bene anche così com’è: un putiferio di lingue diverse e voci diverse che parlano la lingua del potere, bloccato in un limbo alle porte del cielo, a discutere con un altro potente (Dio), sfidandolo e provocandolo. Mentre Gesù, bloccato coi potenti, non riesce ad alzarsi dal suo giaciglio perché appesantito da tutti i peccati del mondo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta