Regia di Carlos Conceição vedi scheda film
Al suo film più “grande” (più budget, 120 minuti), Conçeiçao offre una variazione ulteriore del suo viaggio cosmico tra passato personale (una vita divisa fra Angola e Portogallo) e passato collettivo, senza dimenticare la rilettura postmoderna del mondo social di Um fio de baba escalante. Così in Naçao Valente ci sono chiaramente la guerra, l’Africa, le voci dei morti (Serpentario) ma c’è anche l’horror, la paura, il pianosequenza (Um fio de baba escalante). Per Carlos Conçeiçao non esiste immagine senza mistero, anche se il compito di svolgere la matassa, nella singola scena, è sempre affidato allo spettatore e mai al regista, che adesso sembra diventato demiurgo manipolatore. Il long take è davvero sempre, in questo film, un gioco di rivelazioni e di scoperta continua, calcolata con saggia precisione deoliveriana. Quello che forse vive l’autore, in questo insieme di sequenze praticamente perfette e virtuose, è un dubbio più esteso e trasversale; sono le domande di Joao Arrais alla fine di Serpentario, così come le domande del Joao Arrais di questo Naçao Valente, che cerca sua madre ma sua madre sta altrove e lui non guarda abbastanza “oltre”. E queste domande di dubbio riguardano la propria capacità di superare i traumi del passato, e se il passato ci insegni qualcosa o ci distrugga del tutto.
È un film densissimo, grottesco, che sembra aperto al mondo e invece si scopre intrappolato in una rappresentazione, in una bugia. È una sorta di auto-esorcismo di massa, che tratta il trauma come un peccato originale (dal senso più panteistico che non Cristiano) e tratta il suo possibile superamento. Va scoperto guardandolo virgola per virgola.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta