Regia di Nikolaus Geyrhalter vedi scheda film
Il materiale fuori posto del titolo è quello che si trova in un ambiente con cui è incompatibile, con riferimento evidente alla spazzatura che dispersa ovunque sul nostro pianeta lo trasforma in un immenso immondezzaio. Nikolaus Geyrhalter, documentarista austriaco attivo dagli anni 90, riprende come più catene di montaggio convergenti in un punto i viaggi della spazzatura da alcuni punti del globo (le Alpi, sott’acqua, in una spiaggia, in un’isola esotica, in un paese dell’Estremo Oriente) verso il destino comune della discarica. Lì i rifiuti polverizzati si disperdono in un ulteriore destino che disegna i grandi 20 minuti finali di questo film, la ciliegina spettacolare su una ricerca, mesta ma lucida, sui tragitti degli scarti, su come gli scarti accomunino parti opposte del globo e su come, sparpagliati per i più disparati ambienti naturali, determinino davvero una manomissione visiva del paesaggio, creando disegni nuovi e aberranti. Se nella fissità della macchina da presa ritroviamo quel sarcasmo a cui la scuola austriaca non è indifferente (viene in mente Ulrich Seidl coi suoi tableaux vivants), è anche vero che oltre l’ironia grottesca di certi piccoli eventi Geyrhalter sembra davvero interessato al dettaglio, alla virgola di immagine che uno può decidere di identificare e inseguire in uno dei pianisequenza nel bel mezzo del mostro blob che è la spazzatura. È come se con le sue lente immagini Geyrhalter crei i potenziali drammi degli oggetti, non tanto quello che erano ma quelli che sono nel momento in cui diventano singolo organo di questo vero e proprio kaiju deforme che è l’immondizia. E la parte finale, post-apocalittica come in Mad Max: Fury Road, segna il livello zero di questi percorsi dell’assurdo, la chiusura del cerchio: il blob è polverizzato ma non sconfitto, “out of sight out of mind” eppure ovunque intorno a noi, la spazzatura diventa etere. E nella cupezza inevitabile di questa conclusione Geyrhalter riesce a trovare un morboso fascino autolesionistico, come se masochisticamente godesse di una condanna collettiva, come un viandante su un mare di polvere. Senza urlare nulla, ma trovando il sublime.
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