Regia di Fabien Martorell vedi scheda film
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Da qualche giorno è disponibile su Netflix, un insolito e curioso thriller sudafricano dal titolo Collision, diretto dal regista di origini francesi Fabien Martorell.
Al centro dell’intricata vicenda uno scontro frontale fra auto, che da una parte è il drammatico epilogo delle varie storie, ma anche il punto di partenza della narrazione per gli sceneggiatori, andando a ritroso per risalire alle cause di quello che, apparentemente, potrebbe sembrare un grave, ma ordinario, incidente stradale.
Una famiglia agiata, composta da un padre azzimato, uomo d’affari predisposto alla corruzione, la sua affascinante moglie che passa il tempo a organizzare eventi mondani e feste e la loro figlia ventenne ribelle, dovrà letteralmente rimettersi in discussione dopo che la ragazza, di nome Nicky, che segretamente frequenta un rapper nero, verrà rapita da un malvivente nei sobborghi di una Johannesburg torva e piena di insidie.
La collisione del titolo sarà il violento modo di incrociare tutte le varie storie che si dipanano, ma anche la base di partenza per riprendere le varie vicende e ricostruire tutti i fatti che portano al drammatico epilogo.
Il regista del thriller, Fabien Martorell, sa come tener desta l’attenzione dello spettatore e già nell’efficacissimo incipit, che ci proietta nel momento del fatidico scontro tra auto, il film parte col piede giusto per incasellarsi tra i canoni del tipico thriller d’atmosfera.
Certo poi, nel ricostruire tutte le vicende che portano a quell’evento così violento e letale, la sceneggiatura finisce per portarsi dietro qualche storia non troppo carica di ritmo e originalità, utili a far procedere veloce un film nato con una grande consapevolezza del ritmo e della suspense.
Tra le ragioni per cui la pellicola può risultare interessante, di certo emerge quella di rappresentare una società sudafricana dove appaiono ancora evidenti i sintomi di un disagio sociale. I bianchi continuano a costituire la parte dominante di una comunità che invece, nella sua parte più bassa, conserva rancori e voglia di ribellarsi nelle sue forme più violente e plateali.
Qualche personaggio, specie alcuni secondari (come la madre anziana del boss nero) rasenta sin troppo la retorica e la maniera. Anche la figura dello stesso gangster nero rischia di trasformarsi in una macchietta fine a se stessa per la poca originalità con cui viene rappresentata.
Il film, tuttavia, costituisce un interessante esempio di thriller a sfondo razziale e civile che ha il pregio di provenire da zone estranee alla ormai dilagante e certo prevalente produzione statunitense od europea, fornendoci un dignitoso esempio di action in grado, almeno in parte, di guadagnarsi l’attenzione dello spettatore.
Nel ruolo del protagonista bianco, uomo d’affari dalla dubbia moralità, riconosciamo il piuttosto noto attore britannico Langley Kirkwood, già incontrato di recente in The Mauritanian e Mia e il leone bianco.
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