Regia di Abbas Fahdel vedi scheda film
Tre anni nella vita di Abbas Fahdel e consorte (pittrice) nella loro casa viola nella campagna libanese tra il 2019 e il 2022, tra gli ultimi scontri a Beirut prima della allucinante esplosione al porto fino alla dichiarazione di guerra della Russia da parte dell’Ucraina. Una finestra sul mondo, quella di Tales of the Purple House, che maneggia la storia presente come un’antologia impossibile, raccontabile per allusioni e non detti, rimanendo i suoi narratori presenti ma trovando il diritto alla pace interiore in tempi di guerra assoluta. Si potrebbe disquisire sul livello del privilegio dei due consorti, che decidono di rimanere in Libano ma a distanza dalle città; ma è pur vero che, dai racconti del vicino esule siriano, si tratta in ogni caso di un luogo pericoloso, essendo stato tra l’altro il sud del Libano liberato solo 22 anni fa. È quindi una guerra quiescente, ancor più invisibile quando si tratta di Covid, quella che si respira nel lunghissimo documentario di Fahdel, una guerra lontana ma vicina che non riesce a mascherare, nonostante le esplosioni, le infezioni e le onde d’urto, il nitore di un tramonto o il passaggio delle stagioni. Un film in perfetto stile Agnès Varda che indaga le possibilità della rappresentazione artistica, e si domanda quanto ci sia di politico nel dipingere un albero o nell’inquadrare un fiore.
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