Regia di Anthony Mann vedi scheda film
I primi 20’ contengono il nocciolo tematico che poi Mann svilupperà con più ampiezza e varietà nei successivi film con James Stewart: l’uomo ossessionato dal desiderio di vendetta, o che comunque deve chiudere i conti con il proprio passato (passato su cui inizialmente non vengono forniti dettagli, e che emerge a poco a poco). Poi subentra il motivo favolistico dell’oggetto che passa di mano in mano, trattato però in modo piuttosto meccanico, più che altro come espediente per introdurre una galleria di personaggi; e qua e là c’è qualche incongruenza negli snodi narrativi (per es., possibile che uno spietato assassino sia così coglione da farsi fregare l’agognato fucile da un baro?). Sullo sfondo, ma neanche poi tanto, si intravede un intento celebrativo: non solo del fucile del titolo, presentato in termini quasi mitici, ma anche di alcune celebrità del mondo della frontiera (Wyatt Earp compare in carne ed ossa, Buffalo Bill e il generale Custer vengono nominati). Rock Hudson truccato da indiano è uno spasso: giuro che non l’avevo riconosciuto.
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