Regia di Jean-Paul Civeyrac vedi scheda film
Dopo Mes Provinciales, Civeyrac si cimenta in un’operazione spiccatamente commerciale che però riserva qualche sorpresa: un melodramma thriller di gelosia e vendetta, interpretato da una Sophie Marceau a cui viene chiesto attorialmente tutto, in particolare di reggere i primi tre quarti d’ora di film, una lenta circospezione della vita della sua protagonista Juliane (privata e professionale) nonché della sua grande casa con giardino, e della sua personale crisi creativa (sta scrivendo un libro) e coniugale (la passione va scemando). Un evento violento, esattamente al centro del film, attiva una miccia finora inesplosa. È interessante come Civeyrac dilati i tempi per rendere il film una storia dal sapore classico, dettata da lente inquadrature circospette, una musica utilizzata in modo barocco e insistito e un atteggiamento mélo, che si concentra sull’emotività di Juliane. Quindi maschera in qualche modo questa lentezza del ritmo con un’atmosfera che è più quella dei noir classici che non dei polar contemporanei. La dilatazione poi fa anche il paio con la storia stessa di Juliane, talmente tradita che diventa quasi un fantasma, si aggira in un graduale scollamento dalla realtà che coincide con la graduale scoperta di verità realmente scomode. Quando l’azione centrale prende il sopravvento è imprevedibile, anche se attiva invece un processo narrativo prevedibile (quello verso il finale) che forse può stuccare; eppure è il regime del racconto a salvare il film, intelligente e caparbio, orgoglioso della sua patina antiquata.
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