Regia di Maximiliano Schonfeld vedi scheda film
Una storia di crescita identitaria in una comunità rurale argentina.
Jesús López, presentato al Giffoni Film Festival 2022, è un film del giovane regista argentino Maximiliano Schonfeld, autore insieme a Selva Almada anche della sceneggiatura, ispirata ad un lutto personale dello stesso regista. Il film è ambientato nella provincia di Entre Ríos, a nord di Buenos Aires, dove resistono stoicamente piccole comunità rurali e fattorie, cristallizzate in una iteratività ed un minimalismo che paiono senza sbocco e senza evoluzioni.
Il film si apre con poche e brevi immagini, quelle di Jesús Lopez (Lucas Schell), giovane pilota automobilistico dal promettente futuro, che, lasciato un gruppo di amici, muore in un incidente, investito da un’auto mentre è alla guida della propria moto. La sua scomparsa improvvisa sconvolge la comunità del paese, i genitori di Jesús non riescono ad elaborare il lutto e lo schivo e taciturno Abel (Joaquin Spahn), suo cugino, pare quasi destinato ad assumere l'eredità morale del ragazzo amato da tutti.
Abel vive in una fattoria, tra balle di fieno, mucche, cavalli, galline e maiali e mostra un viso parzialmente tumefatto, segno di un incidente dal quale - si capirà poi - sembra essere stato salvato in gioventù, nonostante la colposa inazione del padre. Attraverso Abel i genitori di Jesús sembrano riuscire a lenire il proprio dolore: la zia invitando il ragazzo a dormire da loro, prendendosene cura e regalandogli capi di abbigliamento dell’amato figlio; lo zio insegnandogli a guidare l’auto da corsa di Jesús. Abel, rispondendo quasi passivamente ai desideri degli altri, inizia progressivamente a riempire il vuoto della propria vita, frequentando la banda di amici di Jesús, innamorandosi di Azul (Sofia Palomino), la ex del cugino, ed acquisendo sempre maggiore perizia automobilistica, fino ad assumere fisicamente perfino l’aspetto di Jesús, capelli lunghi, barba folta. Nel villaggio viene organizzata una corsa automobilistica in omaggio al giovane pilota scomparso, a cui Abel, sulla spinta dello zio, e nonostante la contrarietà del proprio padre e della sorella incinta e a lui fortemente legata, decide di partecipare. Sarà quella corsa a fare fuoco sull’esito della sua trasformazione.
Film tutto sommato di genere inclassificabile, perché interseca il dramma di una vicenda luttuosa con temi esistenziali correlati al senso della vita ed al rapporto con la morte, con l'impossibilità di riuscire a risolvere il peso della seconda e del conseguente distacco, nella doppia visione adolescenziale e genitoriale. Tutto nella descrizione della metamorfosi di Abel pare pervaso da un’atmosfera assai intima e crepuscolare che, complice la colonna sonora, sembra a momenti quasi contaminarsi con elementi extrasensoriali, quando ad esempio gli animali percepiscono istintivamente la progressiva trasformazione del ragazzo, sia estetica che comportamentale.
Schonfeld descrive con incredibile sincerità la vita degli adolescenti della comunità, i loro dubbi, le paure, le trame, i giochi, i furti, la semplicità dunque delle loro interazioni, con il paradosso che quell’aggregazione corale e spensierata di nichilismo giovanile rappresenta per Abel comunque un elemento di fuga dalla propria monotonia esistenziale.
La morte pare dunque quasi acquisire una valenza romantica perché trasforma un'esistenza in mito (il Jesús) e solletica la tentazione del giovane Abel (con tutta la accezione biblica che questo nome comporta), nella sua ricerca identitaria, di calarsi in un ruolo altrui, nonostante evidenti differenze caratteriali, pur di impersonare ed eguagliare quel mito. Interessante notare come quella trasformazione non si risolva in un puro plagio, che avrebbe reso assolutamente patetico il comportamento del protagonista, quanto piuttosto si palesi come confronto/scontro caratteriale, con alcune possibili collisioni e prevalenze. Azul confessa ad esempio ad Abel che Jesús non le avrebbe mai detto di essersi innamorato di lei così come non rimpiange affatto la litigiosità da attaccabrighe dell’ex.
Messa in scena sorprendente per efficacia, mirabile quella del furto del carburatore nello scasso-officina dove da un lato Azul accoglie sul viso la pioggia in una immagine che ha la stessa potenza espressiva dell’atto liberatorio di Noi siamo infinito, dall’altro si compie la metamorfosi estetica del protagonista. Fotografia a dir poco superlativa, forse è l’elemento che valorizza maggiormente questo film perché rende tutta la bellezza dei paesaggi agresti della pampa argentina, in bellissimi giochi di controluce, incrociandoli con il decay umano come ad esempio l’immagine delle carcasse di auto ammassate.
Apprezzabile l'interpretazione dei tre giovani attori, nei ruoli dei due cugini e della fidanzata.
Film vincitore del Biarritz International Festival of Latin American Cinema 2021 e del San Sebastián International Film Festival 2021.
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