Regia di Francis Lawrence vedi scheda film
Prequel da origin story decostruttivo e non. Da dare a un regista più capace però la prossima volta...
HUNGER GAMES – LA BALLATA DELL’USIGNOLO E DEL SERPENTE.
Tratto dal romanzo e fedele per un 90% narra l’antefatto di molti decenni dal primo film a dieci anni dal terzo conflitto mondiale. Un giovanissimo Coriolanus Snow, ambizioso studente universitario di Capitol City, punta ad un ricco premio in denaro. Per vincere dovrà fare da mentore al tributo del distretto 12, Lucy Gray, ai decimi Hunger Games. Tra sotterfugi, stratagemmi e circostanze non proprio del tutto rosee Snow diventerà il cattivo, viscido e opportunista antagonista che noi tutti conosciamo.
C’è da dire che il film nei primi due atti funziona più che bene: l’ambientazione post apocalittica, l’organigramma socio-politico tra i distretti poveri e sottosviluppati alla mercè del distretto centrale ricco, totalitario e repressore, il concetto e lo scopo degli Hunger Games che ancora erano spartani e in pre-sperimentazione, le scene violente e crude messe in scena con eleganza (anche se con un iniziale fisheye ad inquadrare che è un po’ una merda, ma dura poco), sequenze simboliche e quelle cantate da Rachel Zegler, ma mai tanto invasive e i personaggi ben definiti. Snow è un protagonista in apparenza buono, forse anche più del dovuto, ma con un conflitto interno a volte ambizioso e a volte con secondi fini. Non mancherà anche un suo lato violento provocato dall’istinto di sopravvivenza che sovrasta quello civilizzato. Le azioni e le scelte narrative risultato essere coerenti.
Il terzo atto è forse il più importante di tutti, visto che attesterà ufficialmente la caduta negli inferi e l’ascesa al potere di Snow. Peccato che, per quanto sia scritto abbastanza bene, la messinscena di Francis Lawrence non riesce a stargli dietro facendo perdere ritmo in due punti introspettivi e delle vicende anche importanti sono o troppo frettolose o montate disordinate. Non nascondo che in due punti non ho capito bene il perché, specialmente nel finale con il decano Peter Dinklage. Un po’ di fan service non mancherà.
Incredibile, ma vero, anche da solo riesce ad essere autoconclusivo e l’inclusività è contestualizzata E con questi il film diventa discreto, anche se con delle riserve.
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