Regia di Michael Bay vedi scheda film
Budget superflui, inquinamento da effetti speciali, nausea da dismisura. Queste sono tre caratteristiche dei nuovi kolossal hollywoodiani. Blockbuster del rumore e del chiasso, officine in cui si scarnificano e si polverizzano i componenti della morfologia delle fiabe. Sono film che inducono allo stordimento percettivo e all’apnea. In entrambi i casi non si galleggia beatamente nel liquido prenatale e l’intrattenimento diventa occupazione fragorosa del tempo della visione. Il cinema americano aveva già raccontato in modo esemplare lo shock dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, intrecciando sapientemente storie e Storia in un capolavoro, “Da qui all’eternità”. La poco raccomandabile coppia formata dal produttore Jerry Bruckheimer e dal regista-carrozziere Michael Bay sferra un attacco proditorio ad un capitolo fondamentale dell’immaginario statunitense con un film tronfio, lunghissimo, fastidioso, con una raccapricciante storia d’amore a tre (l’infermiera e i due piloti amici d’infanzia) e con battute più devastanti delle bombe che piovono dai computer, con errori narrativi, con inquadrature brevissime finto moderne, con un montaggio impaziente più che frenetico, con personaggi senza sfumature, con Ben Affleck, come sempre, al di sotto del ruolo. Sarà campione d’incassi, ma il Cinema non progredisce di un centimetro.
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