Regia di Susanna Nicchiarelli vedi scheda film
Venezia 79. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Quando papa Onorio IV ordinò a Tommaso da Celano una seconda biografia di Francesco d'Assisi (1247 circa), il nome di Chiara, di cui l'agiografo francescano si sarebbe occupato dieci anni più tardi dopo la morte della Santa avvenuta nel 1253, venne completamente e volutamente ignorato. Era in atto un processo di dissociazione tra la figura del poverello di Assisi e quella di Chiara, la cui fama in quegli anni era cresciuta al punto da destare le caute attenzioni di Ugolino da Anagni, uomo di Chiesa che in qualità di vescovo aveva già seguito lo sviluppo dell'ordine francescano e che, assurto al soglio pontificio come Gregorio IX, voleva mettere fine alle istanze di povertà a cui Chiara non desiderava venir meno nonostante il parere contrario del papato. Basterebbe dunque la "cancel culture" pontificia del XIII secolo per rendersi conto di quanto fosse scomoda Chiara agli occhio del tempo. Chiara era una donna energica e desiderava per sé è per le sorelle una vita vagabonda sulle orme di fratello Francesco. Le cose non andarono proprio così e spesso si dovette chinare al compromesso ma lottò accanitamente per mantenere quei pochi privilegi che le erano consentiti dagli uomini. Il primo di questi era la povertà che veniva accolta come un dono da Dio così come dono del cielo era vista l'elemosina. Il secondo privilegio era quello dell'apertura al mondo esterno specie quando divenne chiaro a tutti che sarebbe stato impossibile alle donne vivere la vita raminga dei frati. Chiara non accettò la clausura secondo il modello benedettino a cui Ugolino voleva conformare l'ordine delle penitenti. Le sorelle, a contrario, dovevano sentirsi libere di uscire dal convento di San Damiano, dimora definitiva delle clarisse, per assolvere le necessità materiali del gruppo. Altro pilastro della comunità era l'accoglienza e la cura del bisognoso che veniva sfamato e accudito tra le mura del convento quanto sul territorio. Un principio che veniva considerato sin troppo audace per le donne che, a contrario, avrebbero dovuto vivere nell'isolamento, esortate a pregare per la salvezza degli uomini e a contemplare Dio nella preghiera. La regola benedettina che più di ogni altra ottenne il diniego di Chiara, e che venne strenuamente combattuta finché la Santa fu in vita, era, come accennato, quella del privilegio della rendita e delle donazioni che avrebbe di fatto sancito la rinuncia al voto di povertà. Ugolino non riuscì a sottomettere Chiara alla regola che trasformava il convento femminile in un carcere dorato, retto sui digiuni, sulla penitenza, sulla clausura e sull'indipendenza economica. Anzi dovette concedere al convento di San Damiano la libertà di conformarsi alla regola francescana. Nel tempo però ottenne la separazione dei carismi maschili e femminili e l'inquadramento delle donne nello spazio ben delimitato di un chiostro.
Le dame della Carità continuarono ad agire secondo la loro vocazione ma Chiara venne dimenticata dalla storia ufficiale di Francesco e la regola a cui la giovane voleva sottrarsi sarebbe diventata, qualche anno dopo la sua morte, una catena da cui non era più facoltà sciogliersi. Chiara, insomma, aveva dimostrato di avere la vitalità ed il carattere per continuare l'opera di Francesco quando a vent'anni dalla sua morte i maschi si erano già sottomessi alle volontà papali e l'ordine, benché regolamentato, si era adagiato nel seguire regole più blande e molto meno rivoluzionarie di quelle del suo fondatore.
In tutto ciò la regista Susanna Nicchiarelli si è fatta carico del compito di riscoprire la vita di Chiara d'Assisi secondo il punto di vista di Chiara stesa. Quello ufficiale, perciò maschile, aveva rimodellato il suo carisma ritraendola come una monaca servizievole e dedita al silenzio, alla preghiera, alla meditazione e ad una profonda comunione con Cristo da consumare tra laude e canti, orazioni e clausura. Questa fu l'immagine confezionata ad hoc che corrispondeva alla vittoria del papato sulle donne, le cui rivendicazioni di libertà venivano definitivamente rinchiuse tra le mura di un convento. La Santa di Nicchiarelli, a contrario, torna a scoprire il proprio volto e quello che vediamo è in parte sconcertante perché mina le sicurezze del catechismo e distrugge di colpo la leziosa figura di angelo biondo tramandata da Simone Martini fino a Franco Zeffirelli. Chiara non è più l'ancella di Francesco, la giovinetta servizievole e inesperta delle cose del mondo che non può e non deve offuscare la figura del santo soprattutto perché femmina. Chiara è finalmente se stessa in una ricostruzione in cui nemmeno il volto e i capelli ispidi e corti corrispondono all'iconografia classica di dolce remissione femminile. Margherita Mazzucco, forse un po' acerba, non sembra rendere al meglio gli stati d'animo del suo personaggio perché incapace di adottare una pluralità di espressioni tuttavia il suo aspetto è perfetto nel rompere con una tradizione iconografica secolare e spazzar via la prassi che la voleva sposa di Cristo in abiti virginali.
Susanna Nicchiarelli dipinge una ragazzina testarda, qualche volta arrabbiata di fronte alle difficoltà, nondimeno desiderosa di aiutare i deboli, gli affamati e le consorelle ai quali dedica tutti gli sforzi possibili rifuggendo gli onori della santità e gli obblighi del misticismo. Nicchiarelli, inoltre, toglie quella patina melensa al rapporto tra Chiara e Francesco tramandata nei secoli. Chiara non le manda a dire a Francesco e il loro rapporto è tanto profondo quanto tumultuoso. Si adira allorché si rende conto di essere stata tradita dall'amico ma nutre per lui l'affetto che si rivolge a colui che ha condiviso gli stessi ideali di povertà in Cristo e di cambiamento di una società ingiusta. Il rapporto tra Chiara e Francesco è paritetico. Si fa beffe dei pregiudizi del tempo, soprattutto quelli di genere e per questo motivo non desta scalpore sentire Chiara immersa nella lettura delle sacre scritture al cospetto delle sorelle e dei fratelli. La regista romana vede in lei gli stessi meriti di Francesco nella nascita del nuovo e moderno pensiero francescano. Meriti che il potere misogino della Chiesa Romana ha cercato di mettere a tacere per secoli.
Dal punto di vista tecnico il film è ineccepibile. Le musiche di Anonima Frottolisti sono pregevoli e racchiudono una ricerca strumentale delle sonorità duecentesche che fa pari con la ricerca di un linguaggio aderente alla forma medievale in cui il gergo era aulico o volgare a seconda dell'estrazione sociale dei personaggi. Canti e coreografie consentono alla regista di riempire i tempi di una biografia della santa piuttosto lacunosa mentre i pochi miracoli citati donano alla figura di Chiara l'aura di santità che spesso viene velata dall'umanità della donna.
Si può, invece, obiettare che la monaca di Nicchiarelli sia troppo impegnata a soccorrere gli ammalati, proteggere le sorelle e difendere i propri ideali nel cruccio di un'unica espressione. Se è pur vero che la storia ne ha restituito un immaginario in parte distorto è altrettanto vero che Chiara abbia avuto un rapporto privilegiato con Cristo di cui era testimone in terra. Su questo rapporto il film non si sofferma troppo. Non abbondano i momenti di preghiera e solo pochi frame accennano ad un certo misticismo religioso fatto di sogni e dialoghi soprannatuali. Il film rischia, perció, di attirare le critiche del Francesco di Liliana Cavani bollato negli anni Ottanta di laicità e di assenza del divino. Di quel Francesco non è stato certo intavolato un discorso prettamente politico poiché più forte è il revisionismo della figura femminile di Chiara ma per il resto le discussioni sono possibili.
Senza dubbio una poetica vicinanza al divino si avverte nel miracolo del pane. Un gesto semplice come la distribuzione del pane sprigiona la bellezza della sorellanza e della condivisione, atteggiamenti su cui fondare la società odierna.
Dopo Nico, musa di Andy Warhol e voce dei Velvet Underground in "Nico, 1988", dopo Eleanor, prediletta figlia minore di Karl Marx in "Miss Marx", "Chiara" chiude un informale trittico di voci femminili fuori dal coro. Intorno a queste donne si chiude una pagina intensa di cinema e di storia ma è facilmente intuibile che quanto ricevuto da tali personaggi, così simili e così diversi, persisterà nei progetti futuri di Susanna Nicchiarelli.
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