La recensione su Tramite amicizia

Alessandro Siani appartiene a quella schiera di comici contemporanei che, pur essendo capaci di strappare qualche sorriso, difficilmente riescono a mantenere una verve comica costante. Tutt'al più alternano gag piacevoli e magari perfino brillanti e tentativi mal riusciti, e talora perfino irritanti.

Diversamente dai vari Verdone, Vilaggio, Sordi, raramente i comici-autori odierni possono considerarsi artisti di spessore e a tutto tondo. Lo abbiamo visto con Aldo, Giovanni e Giacomo e con Ficarra e Picone: l'umorismo necessario a sostenere un siparietto di 5 minuti è tutt'altra cosa rispetto a quello occorrente in un film intero. Senza contare che, comunque, non basta far ridere per realizzare un buon lungometraggio.

Tramite amicizia si presenta benissimo, con un esordio brillante, intrigante, che incuriosisce e invita a proseguire nella visione, anche grazie alla presenza di pregevoli comprimari. In particolare Maria Di Biase, con la sua peculiarissima intonazione, spicca a ogni battuta: in gergo militare si potrebbe dire "un colpo, un morto". L'unica nota stonata è la rottura della quarta parete in principio: scelta azzardata che non sembra dare il risultato sperato. Un comico televisivo, con una credibilità autoriale tutt'altro che a prova di bomba, probabilmente avrebbe dovuto privilegiare l'immedesimazione anzichè inseguire un'originalità ostentata e fuori luogo.

Purtroppo, più si prosegue, più le note stonate aumentano, mentre pare che le cartucce migliori siano state sparate tutte in apertura. Max Tortora sembra muoversi impacciatamente nel suo personaggio, sospeso a metà tra l'austero e lo scanzonato, ma (forse proprio per questo) indeterminato e alquanto sconclusionato.

La sceneggiatura si rivela esile e ingenua: una volta esaurite le trovate più divertenti, i limiti si fanno vistosi, e si comincia a chiedersi "quanto manca?". Nonostante la durata limitata, alcune inserzioni sono palesi riempitivi di una trama essenziale (per usare un eufemismo).

La visione scivola inesorabilmente verso il surreale e il ridicolo, e il finale sembra quasi improvvisato.

Dispiace vedere un soggetto di partenza interessante finire così in disgrazia, per via di una ripetitività esasperata e declinante, che sembra riflettere (troppo) alte aspettative nei confronti del protagonista/autore. Quasi come se questi pensasse di non aver bisogno di chissà quale sceneggiatura, per tenere in piedi lo spettacolo. Così non è: vedremo se in futuro Siani potrà andare oltre, rinunciando all'impianto didascalico e autoreferenziale, e raccordando meglio tutte le parti di cui si costituisce un film (compresa la musica, che qui latita).

Una notazione positiva, però, il nostro Siani la merita per le buone intenzioni: benchè con superficialità, e a volte con malriuscita ironia, qui si parla di qualcosa di cui abbiamo estremamente bisogno, cioè umanità. Umanità nei sentimenti, negli affetti, nell'amicizia. Se ci fosse un premio dedicato a questa categoria, potrebbe tranquillamente venire assegnato al regista, per averci ricordato la bellezza dei rapporti umani nella loro essenza e veracità... e anche semplicità. Sotto questo aspetto possiamo perfino rivalutare l'ingenuità che impregna l'opera, e apprezzarla. Per questa ragione, a Siani va un ringraziamento sincero e sentito.