Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Giovanni è un regista d’altri tempi. Durante le riprese del suo ultimo film, ambientato nel 1956 e che racconta la storia del segretario della sezione del partito comunista di un quartiere romano che non sa come reagire all'invio dei carri armati sovietici in Ungheria, sembra perdere gradualmente il suo rapporto con il mondo che lo circonda fino a mettere a rischio anche il rapporto con la moglie Paola.
L’ultimo film di Nanni Moretti sembra un saggio d’amore sul cinema, il suo. Quantomeno quello che gli piace guardare, oltre che fare. Ha le sembianze di una parabola nostalgica che per alcuni è sembrata piuttosto un’opera di autocelebrazione ma, andando oltre la mera apparenza, possiamo scorgere qualcosina in più. Certo è che il caro, vecchio, Nanni si diverte come non accadeva da tempo. Devo ammettere che è stato commovente, a suo modo. In più scene mi sono trovata qualche lacrimuccia che ha fatto capolino pur senza riuscire a cogliere davvero il senso della mia commozione. A pensarci bene, è proprio questa sorta di nonsense a caratterizzare la pellicola.
Giovanni agisce e parla a volte senza essere capito, per meglio dire compreso, ed è anche questo che contribuisce ad ampliare quella sorta di scollatura tra lui e il mondo che lo circonda, persone comprese. Non riesce però a rinunciare al suo sogno di realizzare una pellicola su: una coppia che si ama mentre in sottofondo va la musica italiana migliore del tempo che li ha visti innamorati. Ed è proprio questo racconto parallelo ad arricchire l’ultima pellicola di Moretti del coinvolgimento emozionale che in certi momenti la contraddistingue; il merito è anche e soprattutto di Margherita Buy, ormai compagna d’avventure del regista da qualche film a questa parte, che rende Paola simile ad ognuna di noi ma mai stereotipo di sé stessa, comunque portatrice di una personalità che le restituisce dignità.
Il sol dell’avvenire è, già dal titolo, una pellicola che incute speranza, di rivedere del buon cinema per mano di Moretti. Marchiato dalla morbosa necessità del regista di includere quella vena politica di cui, in questo caso, potevamo fare sinceramente a meno; Nanni Moretti resta, in questa fase della sua vita, un cantastorie più che un sovversivo ma è evidente che lui non riesce a capacitarsi di ciò e continua a saturare alcune delle sue pellicole di eccessi argomentativi che le inabissano. Purtroppo.
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