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Il sol dell'avvenire

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Il sol dell'avvenire

di chinaski
7 stelle

Quando Nanni si stringe il cappio intorno al collo ti viene da chiederti se non sia quello il vero messaggio del film, farla finita una volte per tutte, perché intanto il mondo intorno è cambiato e dei sogni (d’oro) e delle utopie della gioventù poco è rimasto. Nanni comunque resiste, coerente con sé stesso e le sue idee. E allora Il sol dell’avvenire (enormi lettere rosse dipinte sui muraglioni del Lungotevere) inizia ad apparire come un viaggio a ritroso, alla ricerca del tempo perduto, fra tutti quegli elementi che hanno fatto parte del mondo cinematografico di Moretti. Il nuoto, i calci al pallone, il feticismo delle scarpe, i giri per i quartieri di Roma, la caparbietà critica, la nevrosi esistenziale, la militanza politica, con quel parlare lento, scandendo tutte le parole, perché i loro significati non si smarriscano. 

I luoghi classici del suo cinema ci sono tutti e non ci piace vederli come ripetizione o pedanteria ma come un’eco della sua poetica, che si espande ancora una volta fra quello che gli è più caro, con attori e attrici, amiche e amici accanto, che sfilano insieme su Via dei Fori Imperiali, in un corteo di persone senza più la maschera dei loro personaggi. 

In una società dove la maggioranza della gente si è piegata alle esigenze dei soldi e del mercato, registi compresi, dove nei film contano la violenza in chiave spettacolare (peccato che Scorsese non abbia risposto al telefono) o i momenti W.T.F. su Netflix, Nanni si rifugia nella sue fantasie registiche e solipsistiche, in una pellicola che parli del comunismo (o di un circo bulgaro o di una storia d’amore nascosta) o in un’altra, non ancora girata, sulla crisi di una coppia che ha attraversato la vita insieme, sulla musica che gli appartiene e che grazie ad alcune sequenze diventa un’emozione da raccontare. 

Gli occhi di Nanni in camera contengono ancora l’ardore e la venata arroganza che gli è propria e se è vero che in un altro periodo fare cinema significava anche cercare un modo per costruire una realtà diversa, adesso rimane lo schermo per continuare ad immaginarsela quella vita possibile, solitaria o condivisa che sia.

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