Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
In 95 minuti sciorina tutto il catalogo del morettismo: la passione politica a sinistra e quella cinefila d'autore, le paturnie e nevrosi intellettuali, il moralismo intransigente: pare che l'autore abbia inteso questo film come una summa di tutti i suoi precedenti. Opera nostalgica, forse di chiusura di una lunga fase, senza dubbio ben riuscita.
Voto: 7,5 su 10
Nanni Moretti ritorna in forma dopo il deludente Tre Piani,dove il ricorso per la prima volta ad una sceneggiatura non originale aveva segnato uno dei punti più bassi della sua filmografia. Così in Il Sol dell'Avvenire Moretti sembra appositamente calcare la mano sul ritorno ai topoi più ricorrenti ed amati dai suoi ammiratori, per rassicurare il suo pubblico che la sbandata è stata un passo falso episodico e passeggero. Affidando ovviamente a sé stesso il ruolo di protagonista assoluto, che guarda caso è proprio un regista che gli assomiglia tantissimo, in 95 minuti sciorina tutto il catalogo del morettismo: la passione politica a sinistra e quella cinefila d'autore, le paturnie e nevrosi intellettuali, il moralismo intransigente: pare che l'autore abbia inteso questo film come una summa di tutti i suoi precedenti.
Come in Mia Madre e Il Caimano la trama ruota intorno alla lavorazione di un film nel film : Il Sol dell'Avvenire appunto, ambientato in una sezione periferica romana del PCI nel 1956, durante l'invasione sovietica dell'Ungheria ribelle. I suoi protagonisti sono Ennio (Silvio Orlando), segretario della sezione che attende prudentemente le direttive del segretario Togliatti, e la moglie Vera (Barbora Bobulova) che vorrebbe invece schierarsi in solidarietà con i ribelli ungheresi a costo di rompere con le gerarchie. La lavorazione è funestata da incomprensioni artistiche e intoppi produttivi; la crisi creativa attraversata dal regista Giovanni che insiste su un finale “sbagliato” , crisi che almeno a chi ha detestato Tre Piani appare speculare a quella del vero Moretti , si intreccia con quella familiare nel rapporto con la moglie la produttrice Paola (Margherita Buy), in terapia da uno psicologo per decidersi a fare il passo di lasciare il marito con cui non esiste più dialogo.
L'attrice protagonista del film nel film (Barbora Bobulova), sgridata perché improvvisa le battute tradendo il copione e si permette di avere una sua idea della pellicola che sta girando completamente diversa da quella del regista (“Chi se ne frega della politica, questo è un film pessimista sull’amore!”), è detestata da Giovanni per la sua indisciplina al punto di volerla sostituire, finché l'autore, spinto finalmente a mettersi in discussione dalla sua personale crisi di coppia, ammette che il finale tragico che aveva immaginato non è quello giusto e allora decide di fare una “tarantinata” cambiando in meglio la Storia. Così si arriva alla gioiosa marcia finale su Via dei Fori Imperiali per celebrare la rottura del PCI con l'Urss, dove oltre a Moretti e ai protagonisti di questo film, con Orlando e Bobulova a dorso d'elefante, sfilano gli amici di Nanni e i protagonisti delle sue opere del passato in una nostalgica ma festosa reunion.
Moretti ne approfitta per farci lezione sulla sua idea di cinema, spargendo a piene mani citazioni delle pellicole del cuore (tra gli altri Lola di Demi, Breve film sull'uccidere di Kieslowski, The Blues Brothers), suggestioni felliniane col circo magiaro Budavari, sfottò a Netfilx (“i nostri prodotti sono visti in 190 Paesi”) e alle sue strategie commerciali basate sugli algoritmi e un’estenuante predica sulla banalità e tossicità della rappresentazione cinematografica della violenza, quando Giovanni arriva bloccare per una notte intera le riprese del film prodotto dalla moglie sentenziando “la scena che stai girando fa male al cinema, a te che la giri e a noi che la guardiamo” e chiamando Renzo Piano e Corrado Augias per dargli man forte (Scorsese non gli risponde). Poi non mancano le autocitazioni e l'ironica ostensione delle sue idiosincrasie personali, come l'odio per i sabot e per le pantofole.
Un classico del suo stile, non più ormai originale ma sempre brillante nella messinscena, è l'incorporazione delle canzoni (e Giovanni nella finzione sogna di realizzare proprio un film romantico incentrato sui pezzi storici della della musica italiana): Battiato , Tenco e De Andrè , ma anche un'inattesa Noemi.
La scrittura di Moretti con le co-sceneggiatrici Federica Pontremoli, Valia Santella e Francesca Marciano si dimostra vivace ed efficace nel tenere insieme le complessità della struttura narrativa. Il continuo salto tra realtà e metacinema è gestito bene, senza differenze stilistiche o di formato : una scelta probabilmente perseguita per accentuare la fusione tra i due piani. Appaiono poi scene di futuri possibili progetti che il regista sta immaginando, quello con le canzoni italiane che accompagnano una storia d'amore e quello su un nuotatore che rimpiange di non aver fatto quand'era giovane e in forma, e c'è persino un sogno di film nel film.
Il Sol dell'Avvenire nel suo dichiarato e perseguito carattere di antologia del morettismo, potrebbe forse rappresentare un'ideale chiusura di decenni di poetica dell'autore, prima di lanciarsi in nuovi territori finora inesplorati. E' in ogni caso un'opera molto riuscita , che ci ricorda quanto Nanni Moretti, al di là di quanto possa apparire irritante la sua personalità narcisistica e saccente, sia un gran regista, capace di sfruttare al meglio l'arte del cinema per modellare un suo universo creativo assolutamente personale e sempre riconoscibile, che per l'ennesima volta ci ha fatto piacere rivisitare.
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