Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Il sol dell'avvenire (2023): locandina
AL CINEMA
Un regista si affanna a portare a termine le riprese del suo film ambientato nella Roma del 1956, in un quartiere popolare che si accinge ad accogliere un circo ungherese, proprio alla vigilia dell'invasione russa di quel paese.
La tensione per il lavoro rende insopportabile il regista e la moglie cerca sostegno psicologico per riuscire a trovare il coraggio di lasciarlo.
Ansie, manie, ricerca di un cinema che offra un rifugio per sopravvivere alle incognite di una vita piena di illusioni.
Nostalgie di un comunismo orgoglioso che sappia porsi interrogativi cruciali, e ossessioni note che tornano a manifestarsi più urgenti ed impellenti che mai, come la violenza nella rappresentazione cinematografica e l'insensatezza scostumata dei sabot.
Il sol dell'avvenire (2023): Barbora Bobulova, Nanni Moretti, Silvio Orlando
Stranamente la Nutella o la torta Sacher restano un ricordo non citato, in un film che è anche un po' un musical e trova, nelle scene cantate, la sua più genuina ispirazione.
Se il futuro del cinema di Nanni Moretti è un film bolso come Tre piani, allora ben venga che il regista si rifugi tra i ricordi, tra le ossessioni, l'utopia comunista che piacerebbe a Gesù Cristo, le teorie sul ciò che si può girare e ciò che si deve evitare, e le scene rigirate in modo identico del suo brillante passato cinematografico (i calci al pallone nell'alto dei cieli identici a quelli di Caro diario...o Aprile...non ricordo più esattamente).
Il sol dell'avvenire (2023): Nanni Moretti
È tuttavia inevitabile domandarsi quanto potrà durare questo vivifico rifugiarsi verso un passato ormai decorso.
Ci si interroga infatti quanto potrà durare un revival in ogni prossimo lavoro, e con quale giustificazione.
Poi certo il film suscita affetto, tenerezza, anche commozione grazie al contributo felice delle belle canzoni opportunamente scelte di autori eccelsi come Battiato e De Andrè.
Ma le incognite sul futuro di un Moretti senza futuro restano.
E poi una domanda ancora: perché Moretti recita scandendo le parole in modo così forzato e grottesco?
Un po' lo ha sempre fatto, ma ora rischia il ridicolo come attore, come conferma l'imbarazzante parte recitata di recente ne Il colibrì di Francesca Archibugi.
Se infine, come pare, l'unico rifugio possibile per il Moretti regista è crogiolarsi nel brillante passato, e in questo film ci riesce piuttosto bene, molto meglio il manifesto nella versione francese, che fa il verso simpaticamente a Caro Diario, aggiornandolo ai veicoli utilitari verdi di ultima generazione che imperversano come cavallette impazzite sulle nostre strade.
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Bella Fabio Anch'io non riesco a sopportare come recita. E non capisco perché insista tanto. Sarebbe opportuno che rinunciasse e dirigesse attori veri.
Fintanto che recita se stesso va ancora bene. Ma quando viene coinvolto in film altrui la resa attoriale è imbarazzante. In questo ultimo e discreto film poi cadenza le parole in modo troppo artificioso, quasi sillabasse....non ne comprendo il motivo...
Non l'ho compreso nemmeno io e non mi è piaciuto. Ma...
Ciao Fabio e buon weekend del 25 aprile
Grazie Roberto. Sono a Udine al Far East Festival, per non perdere il vizio eheh
Giusto! Buon festival!
Il film non mi è spiaciuto ma concordo con te sulla sua, ehm, recitazione. Da latte ai marr, ohps, alle ginocchia:-) Ciao Fabio.
Ciao Paolo. È un film che suscita tenerezza e anche commozione, ma fin troppo legato ad un passato che pare l'unica risorsa per l'autore per rimanere ispirato. È questo che lascia un po' perplessi, a mio modo di pensare. Un caro saluto.
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