Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Poetico, teorico e delizioso. Tutto ciò che c’è di meraviglioso nel cinema di Nanni Moretti
In questi 2 anni, pensando al cinema di Nanni Moretti, è sempre stato difficile inquadrare Tre Piani all’interno della sua filmografia. E nonostante abbia sempre apprezzato quel film e molti siano riusciti a trovarci all’interno parte del cinema Morettiano, credo che solo con l’uscita del Sol dell’Avvenire possiamo capire al 100% quella parte della vita personale e lavorativa del regista. Fino ad adesso ho visto Tre Piani collegandolo al finale de La Stanza del Figlio. Quella spiaggia del film del 2001, dove si sfaldavano i rapporti tradizionali della famiglia nucleare e dove i 3 membri rimasti vagavano ognuno per conto proprio, smarriti e senza più legami a tenerli stretti, sarebbe poi diventato il palazzo ideale di Tre Piani.
Nel penultimo film di Moretti veniva meno ogni certezza borghese, si annullava ogni sicurezza che nulla di male sarebbe successo dietro le mura delle nostre case e veniva quindi segnato il fallimento delle istituzioni alla base del nostro paese. C’era un personaggio che in quel film non riusciva a trovare il suo posto in questa nuova Italia, ossia la figura di Nanni Moretti stesso, che sarebbe morto prima di poter riallacciare i rapporti con il figlio e senza una risposta alle sofferenze che lo avevano colpito.Tre Piani lasciava quindi uno spunto di riflessione aperto e senza una vera risoluzione.
Nel Sol Dell’Avvenire è subito chiaro che il “film nel film” che sta girando il personaggio di Moretti (quello sul circo di artisti ungheresi con Silvio Orlando nel ruolo del redattore dell’Unità) non sia altro che la rappresentazione del sentimento dell’autore durante la fase più pessimista della sua carriera. Esattamente come il personaggio di Silvio Orlando vuole suicidarsi perché non riconosce più il suo ideale di comunismo nelle azioni del PCI, Giovanni nel Sol Dell’Avvenire crede di non poter più vivere in un’industria del cinema in cui non si rispecchia più. Mentre tutto il mondo e le altre persone vanno avanti, i 2 protagonisti di queste storie vogliono morire perché non sanno stare al passo col cambiamento, perché credono di non poter vivere in un mondo così diverso da quello che vorrebbero.
Allo stesso modo, Nanni Moretti in Tre Piani lo ritroviamo morto prima che tutti gli altri personaggi accettino la loro condizione e trovino finalmente se stessi, perché in quel momento della sua carriera Moretti non credeva che ci potesse essere spazio pure per lui, in quella scena finale dove ogni personaggio ritrovava il proprio posto in questo nuovo mondo.
Invece in quest'ultimo film, in un meraviglioso campo-controcampo tra il viso di Moretti e la macchina da presa, l’autore si rende conto che questi pensieri di suicidio possono essere combattuti, possono essere negati. Si può ritornare a sperare nelle capacità del cinema di plasmare la storia e gli ideali e di recuperare quei rapporti famigliari che nella Stanza del Figlio sembravano essersi smarriti.
La difficoltà di molti nel capire l’utilità di Tre Piani nella filmografia di Moretti ricorda la difficoltà che ha trovato la critica nell’inquadrare Le Suicidé di Manet nell’opera totale dell’artista. Cosa aveva spinto il pittore a ritrarre un atto così tragico e lontano dal resto del suo operato? Una risposta teorica o filologica non è mai stata trovata e la critica d’arte ha concluso semplicemente che Manet aveva usato l’opera come sfogo di un disagio esistenziale che lo attanagliava da tempo. Il Sol Dell’Avvenire è un grande film proprio perché permette al regista di riflettere su tutto il suo operato post-anni 2000 e di scegliere un’altra strada diversa per la propria carriera e per la propria vita. Moretti invita a scegliere il sogno al posto della cruda realtà, l’accettazione di sé al posto del nichilismo.
Ritrovando se stesso, egli ritrova pure la fiducia nel proprio cinema.
È il film di Moretti di cui Moretti stesso aveva bisogno in questa parte della propria vita.
E probabilmente, quello di cui avevo bisogno pure io.
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