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Ernest e Celestine - L'avventura delle 7 note

Regia di Julien Chheng, Jean-Christophe Roger vedi scheda film

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La recensione su Ernest e Celestine - L'avventura delle 7 note

di lamettrie
8 stelle

Una bella favola, decisamente educativa, su tanti aspetti. 1) Quello politico, quando la dittatura impedisce ogni spontaneità e quindi ogni allegria. E la resistenza mantiene un valore morale/umano imperdibile, e di sommo valore; grande stima a chi la fa, con ciò che rischia; meno a chi non la fa. 2) Quello estetico, dove è valorizzato il ruolo protagonista della musica nel veicolare le emozioni, permettendo così una vita migliore (splendida la messinscena della triste musica suonata con una sola nota possibile). 3) Quello sociale, per il valore dei rapporti umani, tra personaggi dalla biografia difficile, la cui solitudine li porta a dare un valore speciale alla loro amicizia (come fra l’orso e la topolina). 4) Quello familiare, per come si scandagliano i rapporti, nell’inaccettabilità di una disciplina feroce e fine a se stessa. Straordinario il ritratto dei figli, qui giustamente ribelli, nei modi più intelligenti e impensabili, tanto è terribile la realtà di partenza, che li costringe. 5) Quello culturale, contro il tradizionalismo soffocante, che giustifica il potere iniquo di chi se l’è preso a danno di tutti gli altri. Spaventosa è la condanna (così tante volta accaduta, però) mentale a dover ripetere il lavoro dei propri genitori.

Splendido il finale, che mostra come le emozioni più importanti non possano che prevalere su tutti gli ostacoli che noi vi opponiamo, sadomasochisticamente. E l’ostacolo maggiore è la superbia: prevalere sugli altri (il dittatore, il giudice, è qui anche il padre terribile) è l’ossessione che finisce per rovinare la propria vita e quella degli altri. E il film mostra bene come tali barriere psicologiche interiori, perniciose, possano crollare, come è giusto che sia, specialmente nella sfera degli affetti quotidiani, dove è più stridente il contrasto fra la bestialità della propria arroganza e il male inferto ad altri (che, in quanto familiari, sono ben più vicini di altri sconosciuti, che pure sono ugualmente vittime del medesimo male ingiustificato).

Il film è adatto, e proficuo, per tutti: i bambini ne traggono profondi ammaestramenti, ma anche gli adulti se ne giovano, grazie ad una sceneggiatura profonda, e tutt’altro che semplicistica o meramente “infantile”. Poetico, sempre “alto” nella sensibilità, fine come (duole dirlo) in media i francesi sanno fare più di altri, senza mai avere l’ossessione di dover mostrare chissà che, con un registro controllato, capace di tenersi ben lontano da eccessi e cadute, ma sempre umanamente autentico, intenso.

Sotto il profilo tecnico poi, è impeccabile: disegni stupendi, il che fa la differenza per un prodotto così; atmosfere sognanti ma non retoriche; musiche perfette, il che conta parecchio in un film che sottolinea proprio il valore “felicitante” della musica.

Impressionante la differenza a favore di questo prodotto, rispetto a quei cartoni che puntano solo sulla tecnologia, e che magari fanno meglio cassetta (anche se tanti cartoni “moderni” restano validissimi, ma perché si appoggiano sulla tecnologia per far passare ottimi contenuti, e non certo solo perché puntano sulla sola tecnologia). Volutamente, il riferimento è alla metà del secolo scorso, e quindi a un mondo a suo modo elegante, almeno in questa riedizione, ma lontano dalla corsa all’ultimo ritrovato tecnologico.

A noi italiani sentir parlare di “dittatura dei giudici” (che in questo film è chiarissima) può far tornare in mente lugubri ricordi di elogi, impliciti ma reali, dell’illegalità, e di attacchi alla giustizia rettamente intesa, che spesso hanno visto il potere nello stivale, e addirittura per svariati anni, come anche di questi tempi. Ma questa è l’unica perplessità che suscita questo film breve, veloce e meraviglioso.   

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