Regia di Antonio Albanese vedi scheda film
Vedo rispecchiato il mio vissuto in questo film. Albanese ci parla di una quotidianità meschina, povera, della capacità di sognare come la cosa più importante. Perdere i sogni è perdere il senso della vita, il senso dell'orientamento. Avere un'etica e una morale da difendere e far valere anche nel lavoro che facciamo una scelta.
Nel 1998 dopo avere fatto il militare ho fatto dei concorsi per entrare in banca e ne superai tre, decisi di accettare l'offerta più ad ampio respiro. Per un anno ricoprii l'incarico della tesoreria degli enti pubblici, poi mi spostarono a 40 km da casa e mi fecero fare il cassiere. Quando dissi al direttore della mia filiale che a me piaceva seguire gli enti pubblici lui mi rispose: "Tu fai quello che serve alla banca, non quello che piace a te. La banca adesso ha bisogno di cassieri e tu farai il cassiere". Nel 1999 finii a essere il cassiere centrale di una piccola filiale, avevo 20 anni, voglia di imparare e di lavorare, anche se non sapevo cosa avrei fatto da grande. La banca quell'anno decise di promuovere un aumento di capitale e il mio premio personale era legato direttamente a quante azioni avrei venduto. Ne comprai io stesso per 2 milioni di lire e convinsi alcuni clienti a comprarne. Nei giorni precedenti l'operazione di aumento di capitale il titolo aumentò di valore, le azioni nel giro di poche settimane salirono da 8 a 14€, prezzo a cui io e alcuni clienti le comprammo. Il giorno dopo l'aumento di capitale le azioni della banca crollarono a 10€, o forse meglio dire che si sgonfiarono. Fu un'operazione finanziaria indecente e io mi vergognavo per quei clienti che avevo invitato a investire in quelle azioni. Ero giovane e inesperto del mondo, ma ero anche stato strumentalizzato. Decisi di cambiare lavoro, ma non sapevo che fare. Finché non decisi di fare quello che sapevo fare meglio e che non avevo mai studiato: programmare. Sono finito ancora nelle banche come programmatore, ma non ho più lavorato in un contesto dove fregare il prossimo era un mandato, dove essere uno squalo era la cultura dominante: o compri le altre banche o finisci con l'essere comprato. No grazie, la mia etica non poteva scendere a compromessi e i miei valori da poveraccio qual ero erano la ricchezza che avevo e che non volevo svendere per niente al mondo. Ho raccontato tutto questo perché questo film di Albanese ha fatto riemergere in me il trauma di quell'esperienza. Sono passati tanti anni da allora, la regolamentazione è migliorata, ma mi dispiace, io non riesco più a fidarmi delle banche e dei loro venditori di filiale. Sono lì con numeri e obiettivi, per carità lo fanno tutti, tutti hanno dei budget da traguardare, chi vende assicurazioni, chi contratti telefonici, chi automobili. Ma il danno che può fare una banca su un risparmiatore, sono d'accordo con il protagonista del film, non si può immaginare finché non lo si vive. Io per fortuna l'ho vissuto poco, parzialmente, ma mi è bastato per prenderne drasticamente le distanze. Grandissimo Albanese che va a toccare un tema spesso ignorato, liquidato con quella saccenza ingenua del senno di poi, andavano diversificati gli investimenti, andava investito meno, non si può rischiare tutto. Poi tutti hanno imparato, anche il governo che ha chiuso gli occhi per anni. Abbiamo visto le banche che per salvarsi si aggregavano, acquistavano, ingrandendo i loro stessi rischi mascherandoli in operazioni economiche vincenti. Nel 1999 mi era stato predetto tutto da chi quel lavoro lo faceva da tempo. Ma la domanda che mi sono posto e che Albanese grida chiaramente nella disperazione assoluta è: ma siamo davvero tutti dei vigliacchi? Ma un'etica mentre lavoriamo l'abbiamo, la facciamo valere, la rispettiamo? Già porsi questa domanda ci fa scoprire se abbiamo la coscienza pulita. Pormi questa domanda mi ha cambiato la vita, mi ha fatto scegliere di proteggermi, di volere essere sereno e orgoglioso perché il mio lavoro lo so fare bene, senza che qualcuno mi condizioni con minacce e limitazioni e me lo faccia fare male ai danni degli altri. Ma scegliere di cambiare forse è la sfida più grande che ogni lavoratore scontento deve vincere e affrontare. Scegliere chi essere e da che parte stare una sfida di vita sempre attuale. Grazie Albanese per questa perla e questa amara riflessione che hai portato sullo schermo.
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