Regia di Antonio Albanese vedi scheda film
Quanta acqua è passata sotto i ponti di Antonio Albanese, dal suo tenero esordio come regista, con lo stralunato "Un Uomo d'Acqua Dolce", 1997! Contando anche il gioiellino della serie TV "I Topi", altamente sottovalutata, sono solo sei le prove registiche di Antonio, e questo suo ultimo sforzo, è probabilmente il film più importante. Albanese ha anche scritto la sceneggiatura, oltre, ovviamente, a fare l'attore-perno di una storia amara, molto forte, in cui è bravissimo a fare immedesimare ognuno di noi, nel suo personaggio. "Cento Domeniche" è un lavoro che trae ispirazione da fatti veri, dolorosi e quasi dimenticati, e si muove con una straordinaria abilità nel quotidiano, raccontandoci la storia di un uomo comune, un brav'uomo, facendo sì che questa guadagni davvero dei contorni credibili, reali, stando ben attenta a non cadere in un racconto televisivo e piatto. Albanese ormai ha assunto una grande abilità drammatica, ben lontana dai suoi personaggi televisivi, cosa che gli era già riuscita bene anche in passato (ricordo, per esempio, "Giorni e Nuvole" di Soldini, 2007), e la figura di quest'uomo, la sua parabola, il paesino qualunque lungo un lago qualunque del profondo nord, sono tutte cose con cui la maggior parte di noi può relazionarsi e il film finisce per porci almeno una domanda precisa: come ci comporteremmo se ci trovassimo in una situazione come quella del povero Antonio? Lavoro importante, rigoroso, dove spiccano anche gli attori secondari, tutti bravissimi caratteristi. Guardando il film, mi sono chiesto cosa sarebbe stato se la rabbia del protagonista fosse stata canalizzata dal Gian Maria Volonté, in un copione perfetto per lui. Ma anche così, chapeau a Antonio Albanese.
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