Regia di Ugo Liberatore vedi scheda film
Un ragazzino cieco e sua sorella sulla ventina, orfani, abitano nella pensione veneziana degli zii. Anche questi ultimi però molto presto muoiono e il ragazzino prosegue a ricevere visioni di morte e di incidenti. La sorella si ritrova poi inspiegabilmente incinta.
Questo Nero veneziano rappresenta l'ultima delle regie di Ugo Liberatore, dietro la macchina da presa in sette occasioni nel decennio 1968 (Il sesso degli angeli) – 1978; già sceneggiatore di buon successo, attivo principalmente nel cinema popolare nel corso degli anni Sessanta, nel decennio seguente il Nostro si gettò a capofitto in una serie di pellicole più sofisticate, di lieve (nel senso di non ingombrante) intellettualismo, in parallelo alla sua parabola registica. La regola non è dunque smentita neppure in questo film, un horror psicologico dall'efficace ambientazione lagunare nel quale la tensione rimane alta per un'ora e mezza e gli effetti speciali (incluse le scene madri, in senso lato) sono un corollario della narrazione e non il principale motivo d'essere del lavoro. Per quanto a un certo punto il paragone con Rosemary's baby di Roman Polanski (1968) si renda inevitabile, la sceneggiatura di Domenico Rafele, Ottavio Alessi e Roberto Gandus, da un soggetto di quest'ultimo e di Liberatore, brilla in ogni caso di luce propria, nel bene come nel male – non si può in effetti sostenere che la storia sia così imprevedibile, per esempio. Un Renato Cestiè adolescente e la tedesca Rena Niehaus sono i protagonisti principali: non impressionanti, ma neppure dannosi; meglio comunque nei ruoli di contorno Ely Galleani, José Quaglio, Fabio Gamma, Olga Karlatos e Lorraine De Selle; in una parte minore c'è anche il mitologico Tom Felleghy. 4,5/10.
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