Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Nel 1851 il neonato bolognese Edgardo Mortara, ebreo, viene dato per spacciato. Come atto di pietà verso la sua anima, la domestica cristiana lo battezza di nascosto. Il bambino sopravvive ma, all'età di sei anni, la donna confessa il battesimo e la famiglia si trova in una situazione incresciosa. Per risolverla, papa Pio IX – all'epoca sovrano di Bologna – manda Edgardo nel collegio romano destinato ai figli di ebrei convertiti.
Un lavoro imponente e debitamente rifinito con notevole cura, questo Rapito, ma anche un discreto mattone della durata di due ore e un quarto su una storia dall'appeal non esattamente eccelso. Il caso del piccolo Edgardo Mortara, che nella seconda metà dell'Ottocento veniva conteso dalle comunità ebraica e cristiana, riserva una critica più che feroce nei confronti della religione cristiana, sia nella figura di papa Pio IX che più in generale nella sua macchinosa, autoreferenziale, chiusa, intransigente e spietata istituzione terrena: la Chiesa. Marco Bellocchio, classe 1939, ha ormai passato da un po' gli 80 e continua a lavorare assiduamente e con evidente lucidità; in questo caso firma anche la sceneggiatura dell'opera insieme a Susanna Nicchiarelli, avvalendosi delle collaborazioni di Edoardo Albinati e di Daniela Ceselli; il tutto partendo dal libro Il caso Mortara di Daniele Scalise. La storia richiede un po' troppo tempo prima di prendere dinamicità – fino alla confessione di Anna Morisi, si può dire, verso la metà del film - e questo appesantisce una visione che, come notato in apertura, è già ponderosa di suo. Tra gli interpreti non mancano i nomi degni di risalto: Paolo Pierobon, Fabrizio Gifuni, Barbara Ronchi, Filippo Timi, Corrado Invernizzi, Paolo Calabresi, Fausto Russo Alesi, con un piccolo ruolo riservato al comico e caratterista Duilio Pizzocchi. 5,5/10.
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