Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 76 - CONCORSO Con il racconto concitato e sin incalzante che tenne col fiato sospeso una nazione appena formata, Marco Bellocchio torna in Concorso al Festival di Cannes ripercorrendo i tratti salienti di un episodio incredibile quanto vero.
Nell'Italia del 1856, in una sera come tante, una guarnigione bussa alla porta di una numerosa famiglia di origini ebree, comunicando loro che il figlio Edgardo dovrà esser sottratto loro in quanto segretamente battezzato e, come figlio di Dio, destinato a vivere in seno alla Chiesa che lo ha accolto.
La questione devasta a tal punto i genitori che li induce a muoversi con tutte le loro forze per fare sì che la disposizione di sequestro forzato possa essere annullata. Ma invece il bimbo, che viene anche condotto fuori Bologna e mandato al cospetto del Papa Pio IX, viene detenuto tra i confini dello Stato Pontificio come pupillo del pontefice stesso, che lo prende in simpatia e ne apprezza le spiccate doti di apprendimento e la devozione al suo nuovo Dio.
Sostenuto da una robusta sceneggiatura scritta dal regista assieme a Susanna Nicchiarelli, il film poggia su una solida ricostruzione storica che ripercorre il rapimento del 1858, il processo avvenuto contro Pier Gaetano Feletti nel 1860, quando la città di Bologna si ribella orgogliosamente al Vaticano e decide di annettersi al Piemonte, inducendo alla fatidica presa di Roma nel 1870, che nel film viene assai ben rappresentata con la scena della breccia di Porta Pia, azione strategica che segna la fine dello Stato Pontificio.
Rapito si fa forza anche su un cast di attori straordinari, tra cui spiccano senz'altro attori di prima grandezza come Paolo Pierobon nei panni del mellifluo e sconcertante Papa Pio IX, mentre gli ottimi Fausto Russo Alesi (fantastico nel ruolo di Cossiga nella precedente fatica di Bellocchio su Moro, Esterno notte) e Barbara Ronchi sono chiamati ad interpretare i sofferti genitori del piccolo Edgardo.
Nei panni dell'astuto e irremovibile cardinale Pier Gaetano Feletto troviamo il grande Fabrizio Gifuni.
Un film ottimamente diretto, dalle splendide ricostruzioni dei borghi popolani nel lungofiume, e dalle originali musiche incalzanti ad opera di Fabio Capogrosso, abilmente mescolate con pezzi classici di repertorio.
Bellocchio non intende fare un film anticlericale, ma punta la sua attenzione sull'odioso fenomeno dell'intolleranza che divide più ancora di principi religiosi od etico-sociali, e diventa sempre la miccia che alimenta scontri e fomenta odio e persecuzioni di ogni tipo.
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