Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Raffaello Matarazzo è stato un artista popolare i cui film vennero trattati con estrema sufficienza dalla critica quando uscirono, ma che in seguito sono stati ripresi con maggiore interesse e la sua figura è stata in buona parte rivalutata; può essere oggi considerato un "piccolo maestro" del cinema italiano dell'immediato dopoguerra, non certo un genio del cinema. Nella sua cinquantennale carriera il titolo di maggiore spicco dal punto di vista artistico potrebbe essere questo "La nave delle donne maledette", un melodramma barocco e volutamente sopra le righe che segue lo schema del romanzo d'appendice per giungere ad una dura denuncia e condanna dell'ingiustizia perpetrata sui più deboli da persone avide e senza scrupoli. Si tratta di un melodramma in costume con ambientazione nella Spagna del Settecento: la giovane Consuelo deve accusarsi di un delitto commesso in realtà dalla cugina ricca Isabella, e viene condannata ai lavori forzati da scontare su una nave dove la stessa Isabella si troverà con il ricco marito, prima di una rivolta che sconvolgerà l'ordine costituito. Molti anni fa vidi il film su Rete 4 in una copia in bianco e nero che a quanto pare circolava sempre in tv, mentre adesso ho potuto rivederlo nella copia a colori con la fotografia di Aldo Tonti (il procedimento di sviluppo si chiama Gevacolor) e l'impatto estetico è stato sicuramente più forte. Matarazzo non rinnega la sua concezione di cinema popolare, ma esaspera i conflitti che sono alla base dei suoi melodrammi con alcune scelte insolite, come le scene di frustate e alcuni tocchi di "sadismo" che per l'epoca erano sicuramente audaci, come audaci risultano le scollature delle prigioniere nelle scene di danze e festini. Il film potrebbe facilmente scivolare nel ridicolo, ma la mano di Matarazzo è ferma e riesce a governarlo conferendogli un'armonia espressiva che probabilmente non si trova in molte altre sue pellicole di maggiore successo commerciale. Buona la recitazione di May Britt, Tania Weber ed Ettore Manni nei ruoli principali, per quanto siano tutti doppiati e scelti più per la fotogenia che per le qualità drammatiche; efficace anche il commento musicale del maestro Nino Rota. Non è certo un capolavoro del melodramma come "Senso" di Luchino Visconti, uscito più o meno nello stesso periodo, ma resta probabilmente una delle prove più efficaci del regista, una delle più rappresentative di uno stile e di una concezione del cinema che meritano rispetto per la loro coerenza.
voto 8/10
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