Regia di Zach Cregger vedi scheda film
Barbaramente concepiti. Il film ed “ella, la creatura”, uniti dall’essere appunto di una rozzezza e prevedibilità tali che non ci si inquieta neppure per un attimo. In quanto la cosiddetta sceneggiatura presenta tanti e tali buchi narrativi che già dai primissimi minuti gli occhi dello spettatore roteano vorticosamente, incapacitati a credere a ciò che stanno vedendo (portatevi un collirio, non si sa mai…). Sin dai primissimi momenti l’incredulità regna sovrana e l’orecchio fischia per la sonora scemenza delle battute e delle trovate narrative. Sin dai primissimi istanti qualunque costruzione possibile immaginabile della suspense s’infrange rovinosamente contro il muro di cemento armato dell’idiozia e dell’implausibilità maxima. Che bellezza.
Di seguito tenterò brevemente di riportare alcune delle più macroscopiche cretinate viste, per rendere l’idea della magnitudine della stupidità presente nel film e dell’impossibilità totale di immedesimazione nei personaggi:
SPOILER: cominciamo dalla sequenza iniziale, la nostra eroina non si preoccupa di trovarsi in mezzo al nulla, con km di strade scarsamente illuminate e case diroccate (e prima ancora al tempo della prenotazione non ha controllato su internet l’area… ovvio); scopre che qualcun altro sta già occupando la casa prenotata su Airbnb e, vista la pioggia scrosciante, decide dopo un tiremmolla di entrare; va bene, ma poi decide pure di rimanere per la notte con un perfetto sconosciuto che le fa pure credere, notare bene, che tutte le stanze d’hotel di Detroit possano essere occupate per via di una convention di medici;
la notte la nostra si spaventa e trova la porta aperta, ma nonostante tutto il giorno dopo decide di ritornare alla casetta sperduta (peraltro ridicolmente ben tenuta in mezzo alla devastazione), invece di cercare un’altra sistemazione; rimane chiusa nello scantinato e per caso scopre un cunicolo segreto e, come tipico degli horror più insulsi, chiaramente decide di addentrarvisi, salvo poi spaventarsi per via delle macabre scoperte; poco dopo però il prode “coinquilino” ritorna, la libera e decide, ca va sans dire, di andare pure lui a dare un’occhiata e ovviamente non contento va ancora più a fondo scoprendo un nuovo lunghissimo cunicolo completamente buio, luogo dove la nostra, va da sé, lo segue a ruota, seppur riluttante, invece di chiamare aiuto;
fast forward: non si capisce poi mai perché diamine la “mamma mancata” non li rapisca la prima notte, come cavolo abbia fatto, insieme al “padre”, a sopravvivere per decenni là sotto, come si possa essere così dementi come il personaggio macchiettistico dell’attoruncolo hollywoodiano che trovando scantinato e cunicoli prende a misurarli col metro invece di scappare a gambe levate…
FINE SPOILER.
La sedicente rivelazione circa il male che si nasconde nell’oscurità poi è estremamente risaputa e riporta istantaneamente alla memoria un’intera genealogia dell’horror cinematografico, in particolar modo The Descent che in confronto a questo film diventa un capolavoro intramontabile.
Come se non bastasse, inoltre, i dialoghi sono davvero imbarazzanti (vedasi la ridicola scena del vino) e la regia abbastanza invisibile, priva di guizzi, concentrati invece tutti in una sceneggiatura che però li confonde con spruzzi a casaccio di roba buttata lì per far brodo, fino ad una conclusione deludentissima, monocorde e proiettante direttamente il film nel reame della fantascienza più sfrenata (vedasi alla voce “cadute in stile libero da cisterne dell’acqua alte venti metri”).
Gli attori, per quanto in generale convincenti, possono poco di fronte alla miserrima qualità dell’insieme e le affascinanti location di una Detroit arrugginita, abbandonata, bruciata e desolata si dimostrano alla fine l’unico fattore di marginale interesse. E l’unica barbarie è quella del regista-sceneggiatore che ha voluto ad ogni costo sottoporre il pubblico a quest’agonia. Barbaric filmmaking.
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