Regia di Parker Finn vedi scheda film
Scritto e diretto da Parker Finn alla sua opera prima basandosi su un suo stesso corto del 2020 intitolato Laura Hasn’t Slept, Smile è un horror psicologico che cerca di trovare una via di mezzo (e rimanendovi un po' intrappolato, nel mezzo) tra l’horror mainstream alla James Wan e quello più di “contenuto” (!) alla Robert Eggers per un film che è riuscito negli Stati Uniti a diventare anche un caso mediatico grazie a una campagna marketing molto intelligente (e inquietante).
Si tratta di una pellicola un po' piaciona ma con tutte le carte in regola per conquistare i favori del pubblico medio (quello, per intenderci, da multisala) come anche (forse? Probabilmente?) quello un po' più “raffinato” per quello che è, in definitiva, l’ennesimo fenomeno (horror) indie americano che ricicla, in modo piuttosto (troppo?) evidente, tantissime “idee” del cinema horror degli ultimi anni a partire dalla maledizione mortale (e a scadenza) importata negli Stati Uniti attraverso il J-Horror in stile Ringu (o nella sua variante più adolescenziale alla Final Destination) che cerca di integrarsi con i recenti horror “artistici” alla Ari Aster ma soprattutto con il David Robert Mitchell di It Follows implicitamente (e continuamente) “citato” da Finn ad ogni occasione possibile.
Il problema e che quasi due ore di pellicola horror, specie se nato come espansione di un corto, hanno ben poca giustificazione e l’impressione è che la storia venga eccessivamente tirata per le lunghe negandosi le premesse stesse del corto, divagando oltre modo, rallentandone il ritmo mettendo sempre nuova carne al fuoco e rimasticando continuamente immagini e situazione già note senza costruirvi attorno un qualche contesto davvero originale.
Inoltre Finn fa un uso reiterato dello jumpscare, abusandone continuamente (specie del suono, quasi sempre eccessivo e/o fin troppo invadente) e cadendo spesso nei cliché, anche se è vero che, pur ripetendosi spesso, paradossalmente riesce comunque a tenere alta la tensione per quasi tutta la pellicola, e questo nonostante finisca per svelarne quasi subito il gioco e il pubblico sappia quindi già cosa aspettarsi quasi ad ogni inquadratura.
Ma Smile ispira addirittura ad ambizioni più elevate evocando, similmente a It Fallows, anche la paura dell’infezione e del contagio, con un’entità malevola (di cui non viene rivelata l’origine) che si trasmette da una vittima all’altra come fosse un virus a cui fa eco anche un profondo senso di persecuzione e di accerchiamento sfiorando, seppur in modo comunque superficiale, anche tematiche come la malattia mentale, la depressione e i traumi (e di come vengono gestiti o, meglio ancora, non gestiti), tutti elementi meritevoli di approfondimento ma che si piegano inevitabilmente alle regole dell’intrattenimento più puro e di uno spavento a buon mercato.
Protagonista della pellicola Sosie Bacon, figlia di Kyra Sedgwick e Kevin Bacon, a cui si aggiungono Kyle Gallner, Catlin Stasey, Kal Penn e Rob Morgan.
VOTO: 5,5
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