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Sartana non perdona

Regia di Alfonso Balcázar vedi scheda film

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La recensione su Sartana non perdona

di scapigliato
8 stelle

È il 1968 e i fratelli Balcázar, quelli degli Studios di famiglia, girano un film western con un tizio di nerovestito che come un angelo della morte cerca il cattivone di turno per farlo secco. Tutto sommato, ma neanche tanto, ricorda un film coevo di grandissimo successo: il paroliniano “Se Incontri Sartana Prega per la Tua Morte”. In quel caso il vero Sartana, Gianni Garko, primo ad interpretarlo sia quando ancora era solo El Sartana, il cattivo del film del ’67 di Alberto Cardone “Mille Dollari sul Nero, sia quando Sartana diventa il Sartana che tutti conosciamo, era il tipico gambler da saloon, bei vestiti, bella vita, ironia pungente e lapidaria. Qui invece, il Sartana di George Martin è un lugubre vendicatore che cerca il cattivo Kovacs per farlo secco, essendo quest’ultimo, un gigionesco Jack Elmam da antologia, l’assassino della moglie. Le differenze non finiscono certo qui, ma ciò che più di tutto sancisce come autonomi e distinti i due film e smentendo la consuetudine che questo “Sartana Non Perdona” sia il sequel apocrifo del primo di Parolini con Garko, è il fatto che è un film principalmente di produzione spagnola, girato agli Studios Balcázar e che aveva come titolo originale “Sonora”. Solo in Italia, visto gli agganci iconografici con il film di Parolini, pochissimi a dir la verità, gli appiopparono questo titolo, bellissimo tra l’altro, e diedero al protagonista il nome di Sartana. Le analogie finiscono qui. E questo non vuol dire che il film allora sia per forza di cose una fuffa, perchè Alfonso Balcázar dirige uno spaghetti-western molto bello, con qualche difetto, è vero, ma non trascurabile in un’ideale antologia del genere. Il montaggio è un po’ maldestro e i dialoghi hanno un pessimo ritmo, forse dovuto anche ad un doppiaggio non proprio brillante. Per il resto la pellicola poggia su un grande cast che annovera un divo come George Martin, più Django che Sartana, il dandy del West per eccellenza ovvero Gilbert Roland, e quel museo fronterizo vivente che è Jack Elam, sul cui volto è restati i segni di John Ford, Sergio Leone, Sam Peckinpah, Robert Aldrich e Anthony Mann tra i tanti.
Più che al film di Parolini, si può dire che “Sartana Non Perdona” si rifaccia piuttosto all’idea narravita che c’è alla base di “Per Qualche Dollaro in Più”: George Martin e Gilbert Roland come Lee Van Cleef e Clint Eastwood, e Jack Elam come Gian Maria Volontè. Anche in questo caso abbiamo un abbozzo di triello dove due dei personaggi si sfidano e il terzo osserva e controlla. In più c’è il gioco del flashback che come coinvolgeva Peter Lee Lawrence nel capolavoro leoniano, qui coinvolge la bella Diana Lorys mentre viene stuprata e uccisa dal Kovacs di Jack Elam. Ma anche in questo caso le analogie si fermano qui, anche se sono più strutturali di altre e quindi incidono maggiormente sul prodotto finale. I tanti primi piani che secondo alcuni servono per evitare di manifestare la pochezza della messa in scena e della direzione artistica (che un po’ infatti latita), sono invece un piacere visivo degno di nota. La fotografia è calda e l’iconografia è pregna di westerness. Il film è sicuramente inferiore a tanti altri titoli coevi, ma della seconda fila è uno dei decisamente più suggestivi, grazie anche ad un accompagnamento musicale notevole di Franco Morselli che fa il paio con la bellezza delle immagini e di qualche inquadratura davvero ispirata.

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