Regia di Antonello Grimaldi vedi scheda film
La cinepresa si addentra nella città di Sassari, segue un uomo che stringe mani, ritira giornali, va a lavoro in tribunale, prende un caffè con una minerale e scherza con una collega, inghiottisce una pillola dimagrante e poco dopo stramazza al suolo senza vita. L’uomo è il giudice Valerio Garau e ad ucciderlo è stato il cianuro che conteneva la capsula ingurgitata al bar del tribunale. La donna con cui parlava è Lauretta Oppo Martinez, amante ufficiale del defunto. Il procuratore capo Pani chiama dalla Procura di Palermo Piero d’Onofrio, un giudice fresco di provvedimento disciplinare e separazione. Pani vuole una pedina facile da manovrare e infatti appena arrivato il collega lo indirizza verso il delitto passionale. Piero, integerrimo e schivo, comincia gli interrogatori e le indagini assistito dal maresciallo Piras e dall’uditore Ilio Melis. Dapprima i coniugi Oppo-Martinez, Lauretta e il marito Giommaria, anch’egli giudice, la cameriera rumena Johanna con cui Garau andava a letto. Si reca nella città originaria di Valerio Bosa e qui parla con il canonico Garau che allevò la vittima e la sorella Anna Maria detta Biba morta suicida un anno prima. Il giudizio del prete non è dei più edificanti, “lei dissoluta e proterva come un uomo…lui debole come una donna e schiavo degli istinti…uguali e contrari…la vita li ha ripagati con la stessa moneta”. Le indagini di Piero si spostano anche a Olbia dove Valerio trafficava reperti archeologici con il pregiudicato Pons, la personalità del morto appare complessa e inestricabile per Piero. La vita di Valerio, uomo di successo e ben voluto da tutti, viene esplorata e setacciata anche attraverso dei vecchi super 8 girati nella cittadina sul Temo in cui appare affianco all’amata sorella e Lauretta da piccola. Quest’ultima viene convocata da Pani alla presenza di d’Onofrio e in un interrogatorio informale viene accusata dall’odioso procuratore capo (“buono solo per i pettegolezzi e per le bassezze”) di aver ucciso Garau con la complicità del marito. La Oppo sconvolta dall’assurda accusa tenta di buttarsi dalla terrazza del tribunale ma viene salvata da Piras e d’Onofrio. Lauretta confida a Piero che Valerio non l’amava più e che l’aveva sostituita. Il giudice sempre più irritato dalle scorrettezze di Pani segue il suo fiuto e capisce che la chiave del giallo sta nella casa di Bosa e in particolare nella sorella Biba. Piero completerà il complicato puzzle con la scoperta dell’insospettabile amante ma dovrà lasciare l’inchiesta e l’isola con amarezza. “La verità è sfuggente, resta solo la procedura”, così viene descritto il senso del romanzo PROCEDURA dello scrittore ed ex giudice Salvatore Mannuzzu da cui è stato tratto UN DELITTO IMPOSSIBILE. Un giallo anomalo e fuori dagli schemi consueti del genere, un viaggio nei meandri di una personalità ambigua e ambivalente, nei misteri torbidi di un fratello e di una sorella e di un’isola inedita (non solo dal punto di vista narrativo). Questo e altro è la quarta (e migliore) regia del sassarese Antonello Grimaldi (oggi affermato regista di fiction). UN DELITTO IMPOSSIBILE inoltre riesce a restituire l’atmosfera e la densità del romanzo originario, nonostante cambi l’ambientazione dal ’78 al 2000 e snellisca alcune parti e personaggi. I tormenti e i dubbi di Piero qui sono tutti concentrati sull’indagine lasciando fuori il suo passato doloroso. Ottimo Carlo Cecchi nei panni del protagonista, antipatico e qualcosa di più di un “discreto stronzo” il Pani di Ivano Marescotti. Molto bene gli altri, tutti attori di teatro sardi tranne la spagnola Angela Molina, la “rumena” Tatiana Lepore e il bravissimo Rinaldo Rocco. Nelle vesti di Valerio adulto e ragazzino azzeccati Lino Capolicchio e Silvio Muccino (che appare muto solo nei suggestivi super 8 e nei sogni di Piero) e Ginevra Colonna/Biba. Meritano un plauso anche le musiche di Ludovico Einaudi, la fotografia di Paolo Carnera e gli scenari urbani e marini della Sardegna.
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