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Il punto di rugiada

Regia di Marco Risi vedi scheda film

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La recensione su Il punto di rugiada

di scapigliato
9 stelle

Il cinema di Marco Risi è uno dei cinema migliori del panorama italiano. In una maggioranza di registri strettamente aggrappati al realismo, Risi, pur non facendo film di genere fantastico e trattando comunque il reale, si avventura in territori più labili e fluidi dove la narrazione è più poetica, più ricercata, più libera e indomita. Non si lascia schiacciare dal reale e dall’estetica realista che, a volte per praticità, è la più perseguita, ma gioca con il profilmico e con il filmico, oltre che a dare ai propri personaggi uno spessore umano difficile da rintracciare in altri film più “narrativi”. Anche i dialoghi, le battute chiave, le pose, le inquadrature, tutto in Risi parla un’altra lingua che non è quella della pura fotografia del reale, ma una sua impressione.

Ne dà conferma Il punto di rugiada che, attenzione, non è un film sulla senilità, un film sugli anziani, sui “vecchi”. No. È un film sui giovani. Come i due principali protagonisti. È un film, caso mai, sul rapporto tra giovani e anziani, e soprattutto sul rapporto tra il corpo giovane e quello anziano. Il primo energico, vigoroso, istintivo, ribelle; il secondo in decadenza, riflessivo, umbratile, autunnale, ma ugualmente ribelle e refrattario al verdetto della morte che per essere esorcizzata viene raggirata da estemporanei ritorni al fanciullesco. Tranne nel caso di un anziano ospite della casa di riposo, Massimo De Francovich, che invece la morte la cerca con tutto se stesso.

Il film dice molte altre cose, si avventura in traiettorie narrative sempre azzeccate e raccontate con il piglio giusto, con quella delicatezza che poi, grazie a una svolta narrativa improvvisa o un anarchico gesto attoriale accompagnato dalla battuta giusta al momento giusto, si trasforma in scabrosa e ruvida, perché così è la vita. Quella dei giovani come degli anziani.

Anche le impagabili interpretazioni di Eros Pagni e di Alessandro Fella su tutti, insieme a Erika Blanc, Maurizio Nicheli in gran spolvero e agli altri attori secondari rendono il film ancora più godibile e coinvolgente. Pagni, soprattutto, nel ruolo di un anziano capitano dell’esercito, inflessibile, burbero e dal travagliato rapporto con il figlio, si lascia andare a una caratterizzazione in prima lettura quasi macchiettistica, ma che nasconde in verità un’anima tormentata (e un corpo sfregiato) che l’attore lascia emergere al momento giusto e con grande sensibilità.

Ho letto purtroppo che “il finale con i vecchietti morti di Covid è pura propaganda”, come se non fosse vero che molti anziani hanno pagato con la vita l’esposizione al contagio, soprattutto nei ricoveri tristemente noti. Chi dice queste cose ha un minimo di connessione con la realtà oppure vive in un mondo magico dove la terra è piatta e gli stranieri ci rubano il lavoro? Anche perché poi, leggere nei titoli di coda che il personaggio di Eros Pagni muore di Covid perché ha voluto baciare per la prima volta nella sua vita il nipote undicenne che non aveva mai voluto vedere, mi sembra tutt’altro che propaganda: è un’immagine evocativa di un sentimento fortissimo che completa il quadro di un personaggio già di per sé iconico.

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