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Tesis

Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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La recensione su Tesis

di OGM
8 stelle

Voler vedere ciò che non è consentito fare. E non accontentarsi della finzione. Il desiderio di fuggire dalla realtà, quando è portato alle estreme conseguenze, non può che trovare soddisfazione in una realtà alternativa, non meno vera della prima, però opposta a quest’ultima, come un’antitesi provocante, una violenta sfida. Per essere appagante, essa deve sapersi imporre, oltre ogni dubbio e al di sopra di ogni compromesso, con la brutalità di un’evidenza che non lasci alcuna speranza, alcuna via di fuga, e risulti definitiva e inesorabile. Il culto degli snuff movies – pellicole che riproducono scene di torture ed omicidi autentici – non nasce tanto da un morboso e sadico voyeurismo, quanto da una fame di verità inoppugnabili, talmente malvagie ed assolute da sottrarsi ad ogni  giudizio morale; verità ancorate all’unica perfetta certezza, che è quella della morte. Il cinema d’arte è quello che solleva interrogativi, quello d’intrattenimento è quello che confeziona risposte di immediata assimilazione, preparate con ingredienti atavici ed universali, come il sangue, la carne, la lotta cruenta. Lo spettacolo per tutti è quello buono per tutte le bocche, che non parla il linguaggio differenziato e complesso della civiltà, bensì quello primordiale ed inarticolato della guerra, della caccia, del cibo, dell’istinto e dell’aggressività. Gli impulsi di colpire, uccidere, dominare, possedere, mangiare, sono i soli trasversali alle culture, perché innati in ogni essere vivente. Amenábar ambienta questo thriller in una scuola di scienze della comunicazione, proprio per sottolineare il terribile divario esistente tra il messaggio filtrato dalle convenzioni sociali, dai canoni estetici, dai codici mediatici, e quello duro e puro scritto nei nostri geni, che sostituisce alle parole i suoni, alle storie le immagini, e, alle persone, corpi nudi e anonimi.  Vedere l’umanità spoglia – in senso letterale e metaforico -  fa impressione, perché rappresenta la negazione di tutto ciò che ci è stato consegnato dall’evoluzione, dall’educazione, dall’istruzione, e ci mostra in uno stato totalmente indifeso. Di fronte a quelle terribili sequenze, prova orrore chi si identifica con la vittima – come, nel film, la protagonista Angela – mentre si eccita chi si pone nei panni del carnefice. La violenza audiovisiva è dunque un gioco a cui ognuno può prendere parte, e che ad ognuno assicura emozioni sconvolgenti. Se questo deve essere lo scopo del cinema, e se è vero – come sostiene il professor Jorge Castro – che a regolarne il funzionamento deve essere la logica della domanda e dell’offerta, esso deve rinunciare alla sua veste creativa ed astratta, per trasformarsi in un’attività concreta e manuale, che interviene pesantemente sulla materia documentandone le trasformazioni. In quest’ottica, il cinema, dunque, più che reale, deve essere fattivo: un’idea che Amenábar aveva già presentato in Himenóptero, il suo cortometraggio d’esordio, in cui la regista Silvia instilla nelle attrici, con situazioni e discorsi preparati ad hoc, le rabbie, i rancori e le paure che vuole vedere rappresentate nel suo film.  Tesis,  - che, da questa opera prima, riprende la figura di Bosco ed alcune inquadrature e battute – è, in fin dei conti,  un saggio  sui   meccanismi della persuasione: una dimostrazione pratica di come questi ultimi, ben lungi dall’essere basati su elevate sofisticherie intellettuali, siano, al contrario, insidiose ramificazioni della banalità, della cecità e, soprattutto, della crudeltà.

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