Regia di Agnès Varda vedi scheda film
Come comunichi la tua consapevolezza della mortalità?
Come comunichi la tua consapevolezza della mortalità?
E’ la domanda che qualunque artista si porrebbe se decidesse che è il soggetto della sua opera.
Agnés Varda risponde con il suo primo film, nel 1962, e lo fa con leggerezza di tocco e profondità di visione
Ci sono film che invecchiano e altri no.
Cleo è sempre contemporaneo.
Il titolo segna il rapporto fra tempo cinematografico e tempo reale, la protagonista, Corinne Marchand/Cleo (o Florence, come spiega sul tram al soldato che partirà l’indomani per l’Algeria) è un esemplare perfetto di personaggio diegetico, i 90 minuti, dalle cinque alle diciotto e trenta, quando si sa che in Francia sono le ore in cui gli amanti si incontrano, sono la scelta giusta, né mattino né sera, un frammento della giornata quando tutto è accaduto o deve ancora accadere. Ma può anche non accadere, due ore di stasi o di passaggio.
Cleo invece qualcosa d’importante deve farla, incontrare il suo medico per un referto di analisi che si preannuncia minaccioso: cancro.
Il medico arriverà, belloccio, frettoloso e sbrigativo, su decappottabile in partenza per il week end. Le dice che non c’è problema, un paio di mesi di cure appropriate e via.
Sì, sembra pazzesco, ma a volte è proprio così, che volete che sia un po’ di chemio?
La nostra Cleo resta di sasso su quella panchina della Salpetrière, un bell’ospedale che non sembra un ospedale, e per fortuna c’è il bravo soldatino incontrato al Montsouris pronto a partire per l’Algeria.
Sembra che il caso li abbia messi insieme per farsi coraggio a vicenda.
I tarocchi erano stati espliciti nella prima e unica sequenza a colori in apertura. La vecchia cartomante aveva scelto di essere evasiva, non poteva spaventare i clienti in sala d’attesa con una cliente in lacrime, e quasi l’ ha mandata via.
Cleo è spaventata, ha oscuri presagi, ma ha dovuto aspettare quasi due ore per avere la certezza.
L’ orologio reale sembra ticchettare insieme al suo, e nulla che non sia reale accade nel film.
Varda fa scorrere il tempo come scorrerebbe quello di chiunque alle prese con un’attesa così angosciosa.
“C'è qualcosa di psicologicamente accurato in questo. Quando temi che la tua morte sia vicina, diventi consapevole delle altre persone in un modo nuovo. Pensi che la tua vita stia andando per il verso giusto, ma poi pensi: devo morire. La consapevolezza di Cléo di ciò approfondisce un film che altrimenti parla di eventi per lo più banali.”
Così interpretava R. Ebert all’uscita del film nel 1962.
Non mancarono stroncature, all’epoca, e il fatto che Varda fosse una donna non aiutò.
A Bosley Crowther, critico del New York Times, il film non piacque:
“… non riesce a fare di più che sfiorare la superficie di un tema drammatico, criptico … M.lle. Varda ha voluto che la scena mutevole riflettesse gli stati d'animo della sua giovane donna, gli incontri per controbilanciare i suoi pensieri. E, per alcuni aspetti, ci è riuscita, superficialmente ma in modo abbastanza attraente. … Ma, in generale, M.lle. Varda è così assorbita dalle sue acrobazie con la macchina da presa, come in quella scena nel negozio di cappelli o quando sta proiettando quel cortometraggio comico, che la concentrazione essenziale sull'eroina viene trascurata e l'interesse perso. Il personaggio diventa secondario rispetto alle tecniche con cui viene spiegato. Inoltre, Corinne Marchand, l'attrice che interpreta il ruolo centrale, è una bionda grande e massiccia con una faccia smaltata e generalmente inespressiva.Tutto ciò che trasmette è l'ottusità di una ragazza meccanicamente motivata, il che, ovviamente, fa sì che si sia così superficiali sulla minaccia intimata del suo destino. “
“acrobazie con la macchina da presa”
Curiosa affermazione a cui sembra rispondere Ebert:
“Nelle immagini in movimento, ha la capacità di catturare l'essenza dei suoi personaggi non solo attraverso la trama e il dialogo, ma ancora di più nella loro collocazione nello spazio e nella luce.
Mentre molti dei primi film della New Wave avevano un'audace audacia di stile, Varda in questo film mostra una sensibilità per lo sviluppo sottile delle emozioni.”
E, per concludere, ascoltiamo lei, Agnès:
“Un ritratto di donna inserito in un documentario su Parigi, ma è anche un documentario su una donna e l’abbozzo di un ritratto di Parigi. Dalla superstizione alla paura, da rue de Rivoli al café du Dôme, dalla civetteria all’angoscia, da Vavin alla gare du Maine, dall’apparenza alla nudità, da Parc Montsouris alla Salpêtrière, Cléo scopre, un po’ prima di morire, il colore strano del primo giorno d’estate, nel quale la vita diventa possibile..(...) Il film si snoda al presente. Ma se il tempo e la durata sono reali, all’interno di questo tempo meccanico, Cléo sperimenta la durata soggettiva: “Ci resta così poco tempo” e, un minuto dopo: “Abbiamo tutto il tempo”. Mi è sembrato interessante far sentire questi movimenti vivi e diseguali.”
Quell’ora e mezza è scandita in minuti e quarti d’ora, segnati da incontri e presenze di vario genere, brevi capitoli di una giornata qualsiasi.
Ma non qualsiasi per Cleo che non riesce a star ferma, cammina senza meta per boulevard e stradine, entra in case, se si siede al tavolo del bistrot si alza subito in preda ad agitazione motoria, stessa cosa al Parc Montsouris, nella saletta di proiezione dove ha guardato il corto con Godard e Anna Karina, ma è subito scappata via. Da casa, dove ha provato una canzone accompagnata al pianoforte, in preda ad una frenesia incontenibile ha trattato male tutti ed è fuggita. Entrata con la segretaria in una cappelleria, ha provato cappelli improponibili e ne ha comprato uno, invernale, ma siamo all’inizio dell’estate. Gli specchi hanno rimandato immagini in cui non si riconosce, le maschere si stanno dissolvendo, la bionda, la diva, l’oggetto del desiderio, ora è solo una malata
Chiaramente fuori fase, il pensiero della morte la insegue, le strade di Parigi sono piene di gente che sembra guardare solo lei, la donna volubile e capricciosa è al bivio, all’improvviso la vita l’ha messa alla prova e la reazione è smarrimento.
Non è una creatura eccezionale, Cleo. Piuttosto banale e insignificante è una cantante pop di poche pretese, una carriera senza qualità, un amore senza amore, Varda la fa muovere in una dimensione in cui i gesti, le parole, le persone e perfino i muri perdono i contorni reali, il tempo sembra raggrumato intorno al suo pensiero ossessivo.
Antoine (Antoine Bourseiller) è l’incontro fugace in coda alle due ore, se ci sarà un domani nessuno se lo chiede, ma le due traiettorie si sono incrociate e la crosta dura di solitudine e indifferenza si è rotta.
Parlano, salgono sul tram, ridono, si guardano. E’ quanto basta, a volte, poi arriveranno altre ore della vita, forse tristi, forse poche.
Ma quelle due ore in quel solstizio d’estate dell’anno x saranno indimenticabili, comunque finisca Cléo e Antoine hanno conquistato uno sguardo, il loro, oltre maschere e cliché, oltre gli specchi deformanti della vita.
www.paoladigiuseppe.it
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Una storia tremenda e piena di poesia.Non potevi scriverne meglio e molti ci si saranno almeno in parte ritrovati.Grazie Paola.
Come non ritrovarsi, cara Anna, ma speriamo d’incontrare la persona giusta che ci faccia sorridere, come Cleo!
Fra i personaggi femminili che ho maggiormente amato al cinema, Cléo è forse in pole position. Grande film per un personaggio indimenticabile. Grazie di avermelo fatto rivivere,
Si Lilli avevo letto la tua bella recensione e sto seguendo una rassegna sulla Varda in cui danno film che non riuscivo a recuperare, come Cleo, un gioiello. Ciao e grazie
Io invece purtroppo non l'ho mai visto e ammetto la mia scarsa conoscenza del cinema di questa grande artista venuta dal Belgio, una delle registe più originali e sensibili a partire dagli anni 60 in poi. A mia parziale scusante l'aver visto diversi film di suo marito Jacques Demy. Comunque Cleo é già da tempo sulla mia lista di film desiderati, quindi se mi capita a tiro ci metto poco a vederlo. Ciao Paola
Mi piace cercare e ritrovare, fra le recensioni di alcuni amici qui, vecchi film che mi hanno detto qualcosa. La tua "Cléo dalla 5 alle 7" mi ha subito attratto. Devo averlo visto intorno al 1970 e mi era piaciuto molto, curiosamente più a me che a mia moglie accesa femminista.
Nello sfumato sapore che mi è rimasto in bocca prevalgono confuse venature di affetto-protezione-stare accanto rispetto alle molte altre che tu giustamente evidenzi.
Leggendo la tua bella recensione l'ho messo a fuoco meglio con piacere e mi ci sono soffermato un attimo. Non ho in ballo sentenze mediche incombenti eppure in qualche modo mi riguarda: è anche per me il momento di "diventare consapevole delle altre persone in un modo nuovo"? Cercherò di farlo.
Grazie Paola,
Angelo
Caro Angelo (articolo3 m’incuriosisce ma puoi tenerlo segreto) credo sia inevitabile, con gli anni, diventare consapevoli delle altre persone in modo nuovo. Da giovani diamo tutto per scontato, andiamo di fretta, poi molti scompaiono, e non solo perché muoiono, scompaiono senza ragione apparente. È allora che cominciamo a chiederci perché è di solito il perché è la scarsa attenzione che abbiamo dato loro. E allora si cerca di recuperare, anche se stiamo bene a differenza di Cleo. Ma comincia a mancare il tempo, bisogna farlo, a tutti i costi. Ciao, un caro saluto
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