Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
Fine Ottocento. Da un lago viene ripescata una statua; la donna raffigurata assomiglia incredibilmente alla contessina Harriet, ma è in realtà una sua antenata in odore di stregoneria. Naturalmente molto presto cominciano a verificarsi fatti di sangue la cui principale indiziata è proprio Harriet.
Barbara Steele non solo era una garanzia sullo schermo ma, notoriamente, era anche un marchio di qualità per il genere horror gotico che all’epoca viveva una florida stagione sugli schermi nostrani. In Un angelo per Satana è lei al centro della storia – in una sceneggiatura di Giuseppe Mangione e di Camillo Mastrocinque tratta da un racconto di Luigi Emmanuele – e il risultato a conti fatti non delude per nulla; certo, la trama è piuttosto stereotipata e il finale è decisamente forzato, ma il canovaccio pare sufficientemente solido e la tensione, quanto più conta, rimane alta per gran parte della pellicola. Oltre all’attrice inglese compaiono qui un efficacissimo Claudio Gora, Antonio De Teffé/Anthony Steffen, Marina Berti, Vassili Karis, Mario Brega, Ursula Davis e Aldo Berti. Mastrocinque ha dato il suo meglio come regista in opere leggere e popolari, ma quando in tarda età ha tentato l’incursione nell’horror (La cripta e l’incubo, 1964) ha comunque lasciato testimonianze non disprezzabili; tra i due titoli a ogni modo il più riuscito è senz’altro Un angelo per Satana. 4/10.
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