Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
E' un film ben recitato, con una buona sceneggiatura, con una regia nulla di speciale a dignitosa e a servizio della storia. Il tema e le problematiche che Pollack cerca di sviscerare sono complesse, e lo fa con onestà e intelligenza, senza manicheismi, didascalismi, o facili soluzioni. Non c'è una contrapposzione tra buoni e cattivi, magari per mestiere o classe sociale, ma un'analisi delle motivazioni delle azioni che i personaggi compiono, dei loro effetti, e della loro liceità morale.
Al centro c'è il tema, appunto, del diritto di cronaca, cioè di fino a dove la stampa si possa spingere con notizie e rivelazioni che riguardano processi e indagini delicate, e soprattutto la vita privata delle persone. La protagonista ritiene in sostanza che il limite non ci sia, che tutto possa essere rivelato, perché vige la libertà di stampa e il diritto di cronaca. Con questa linea d'azione, però, prenderà delle tremende cantonate e si renderà responsabile delle gravi conseguenze delle sue rivelazioni. In altre parole il diritto di cronaca deve avere dei limiti, altrimenti il giornalismo fa più male che bene. Viene anche stigmatizzata l'abitudine dei giornali di sbattere le persone indagate in prima pagina, ma di neppure dare la notizia se queste vengono poi assolte. Una deformazione morale della protagonista, inoltre, è il non saper dividere l'ambito professionale dalla vita privata: quando l'uomo che ama le propone delle importanti rivelazioni con la promessa che non le scriva sul giornale, e siano cioè solo per lei, lei rifiuta il patto.
Il film apre anche uno spaccato su certi perversi intrecci e intrichi tra politica, criminalità, giornalismo e polizia. L'interessante è che la matassa non viene sbrogliata fino in fondo, e il film termina lasciando alcune sue parti ancora oscure. Una di queste è perché la polizia sia così interessata a scoprire chi rapì o assassinò il capo sindacale, e un altra è che parte abbia avuto nella faccenda il figlio del malfattore (un bravo Paul Newman).
In ogni caso do una nota di merito a Pollack, regista di sinistra, per aver parlato con libertà e senza schemi di sindacalisti, poliziotti e giornalisti. Molto buoni i dialoghi, che dicono tanto senza spiegare e senza spiattellare.
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