Regia di Edward Yang vedi scheda film
Secondo uno dei personaggi del film, il cinema triplica le emozioni rischiando quindi di moltiplicare situazioni come la malinconia e la solitudine. Da un altro punto di vista, permetterebbe probabilmente di vivere più intensamente, per il poco tempo restante.
Edward Yang al suo settimo e purtroppo ultimo film, gira la summa di tutta la sua poetica con "Yi Yi. E uno... e due" (2000). Vita e morte nell'arco di quasi tre ore s'intrecciano, passando tra due estremi; un matrimonio all'inizio e un funerale che chiude il tutto.
Se in "Taipei Story" (1985) il regista indagava su una società sospesa tra la Cina comunista, il Giappone ex-potenza coloniale e gli USA nuovi sfruttatori, in "A Brighter Summer Day" (1991) ci si focalizzava sull'origine dei problemi odierni in una chiave storica; gli adulti con il pensiero rivolto all'amata Cina da cui sono stati cacciati e una prima generazione puramente "Taiwanese", che nell'aggregazione tra gang cercava di stabilire da sè delle nuove coordinate.
Nel suo ultimo film, Edward Yang mette in correlazione le vite di una famiglia della classe media di Taipei, con la società liquida che tutto omologa causando con questo un'estrema massificazione sociale e conseguente alienazione.
I personaggi di "Yi Yi" non cercano più delle coordinate spaziali, per trovare una ragione giustificante della loro presenza nel mondo.
Oramai è cosa passata. La Cina, il Giappone e gli Stati Uniti non sono mai stati così a portata di mano, eppure questo scarto che il regista sentiva pressante nei suoi precedenti lavori, qui non viene minimamente tratteggiato.
Nel giorno più fortunato della propria vita, il matrimonio di A-Di, fratello di Min Min, la madre di quest'ultima cade preda di un ictus. Priva di sensi ed immobilizzata in uno stato di coma, con ben poche speranze sul decorso della malattia.
Partendo da questo mcguffin Edward Yang indaga il male di vivere che attanaglia i componenti di tale famiglia, cominciando dal marito di Min Min, NJ, il quale gestisce una società informatica in crisi. I figli della coppia, l'adolescente Ting Ting protagonista di un triangolo amoroso ed il piccolo Yang Yang di appena 8 anni, ma già indagatore attento di una realtà sconnessa, sono lasciati in balia di sè stessi.
La stimolazione dei sensi della nonna, potrebbe condurre alla guarigione, mediante sedute di dialogo unidirezionale.
La parola stimola colloqui con sé stessi, portando a galla tutto il malessere covato dai componenti della famiglia.
Da questo strambo confessionale emerge un ritratto di una società taiwanese anaffettiva ed uguale a sè stessa nella sua meschinità.
A-Di non riesce ad aprirsi alla verità, optando per la finzione bugiarda del tutto bene. NJ, ammette candidamente come ogni giorno non riesca a capire cosa lo porti a svegliarsi, per affrontare le solite insicurezze. Min Min, ammette di non aver niente da dire alla madre, constatando quanto sia vuota e squallida la propria vita.
Gli adulti dei film di Yang non vivono ma sopravvivono. Proiettano la risoluzione delle cause del malessere in un altrove, su cui riversano ingenuamente le loro illusioni di riscatto.
Min Min spera di guarire, affidandosi ad un santone, mentre NJ ritrovando casualmente una sua vecchia fiamma, crede di poter dare una svolta alla sua vita, tramite una seconda occasione che aveva lui stesso mancato 30 anni prima.
Si instaura così un parallelismo tra NJ e sua figlia Ting Tinn, alle prese con una relazione il ragazzo della sua migliore amica. Padre e figlia alla fine, sono spettatori delle medesime situazioni, arrivando infine ad uno stesso quanto squallido risultato.
Ogni personaggio vede solo la metà della realtà che risulta visibile ai suoi occhi, mentre l'altra risulta inafferrabile e non conoscibile. Il piccolo Yang Yang, tramite le sue fotografie delle nuche altrui, può aiutare tali soggetti fotografati, a raggiungere l'altra metà della realtà che non vedono, perchè posta alle loro spalle.
Coerentemente con quest'ultimo assunto, la regia di Edward Yang sfrutta ampiamente i campi medi e lunghi, per dare una visione quanto più chirurgica e distaccata dei suoi personaggi.
L'immagine restituisce la prospettiva di una videocamera di sorveglianza, che mira tutto il tempo a filmare un determinato luogo, catturando frammenti delle varie figure che entrano e fuoriescono nel proprio obiettivo.
Tutto il sistema sociale è profondamente malato. Ma la cura consistente nell'instaurare un sincero legame con l'altro, nessuno riesce a metterla in pratica. La condanna dell'essere umano del nuovo millennio è soffrire in totale solitudine, senza che vi sia nessuno capace di far proprio il loro dolore.
"Yi Yi" mescola influenza dalla visione di Antonioni, dalla narrazione corale altmaniana, unendole con le citazioni divistiche al cinema americano tipiche dei film di Ozu (nei film precedenti era Marylin Monroe, adesso Cary Grant e Audrey Hepburn, che vediamo di sfuggita in due fotografie appese nella scena onirica nelle battute finali).
Il ritmo ha un andamento blando e sostenuto, ma il ritratto familiare che emerge risulta poetico e sl tempo stesso asettico nel suo cinismo di fondo.
Gli adulti probabilmente sono irrecuperabili, poiché vittime della loro incapacità di affrontare il presente. Gli unici salvati dal regista sono i giovani; Yang Yang, costantemente escluso dagli altri e Ting Ting, l'unica ad aprirsi sinceramente nel suo monologo-confessionale con la nonna, intraprendendo un sentito percorso di maturazione.
Vita, morte, colpa, redenzione, alienazione, paura, speranze e sconfitte sono solo poche delle molteplici sensazioni che "Yi Yi" di Edward Yang è in grado di donare ad uno spettatore pronto ad approcciarsi al suo cinema con sentito trasporto. Altrimenti risulterà facile essere come l'ottuso maestro, che bolla le fotografie (ed il film di conseguenza) come "cazzata avanguardistica". Premio per la miglior regia a Cannes e terzo capolavoro assoluto del regista taiwanese, "Yi Yi" è il film finale, di quello che ad oggi si può considerare un grande maestro del cinema scomparso nel 2007 dopo una lunga malatti, a causa via di un cancro. Autore di una filmografia unica al mondo, ha sempre dato ritratto amaro quanto cinico di una Taiwan priva di coordinate nell'affrontare il mondo, ma nel suo testamento artistico, il regista si apre ad una piccola speranza nella commovente chiusura, intrisa di profonda ed innocente ingenuità da parte del piccolo Yang Yang.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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