Regia di Andrea Di Stefano vedi scheda film
Un John Wick de noantri senza sequel. Voglio sperare.
Vado controcorrente, specie quando leggo che in Italia meglio di così un thriller/noir non si può fare. Ma se questo è il meglio, getto la spugna in anticipo.
Milano che intriga ci appare subito dall’alto coi titoloni in rosso che fanno molto Tarantino, mentre briga alla grande con un sottobosco di corrotti, collusi, affaristi, traffichini, mafia cinese, ndrangheta calabrese, oltre alle forze dell’ordine alla mercé di ogni tentazione.
Di buono, a livello registico, almeno l’idea del tentativo ad incastro, con effetto rewind, dell’ultima notte, prima del pensionamento, del nostro Favino che ormai interpreta tutto quello che capita con la sua tipica espressione monofavineggiante.
Di pessimo tutto il resto. Le tempistiche, le dinamiche, le location forzate a favorire l’azione, l’insistita e indisturbata atmosfera western su una tangenziale milanese, le anomale amicizie e serene frequentazioni malavitose di un “onorato e rispettabile” poliziotto, facilmente tentato, però dall’ambientino che bazzica regolarmente: colleghi accondiscendenti e altri fuorviati e venduti, parentame a doppio nodo col retroterra multietnicamente criminale ridotto a grezzo stereotipo, ormai radicato in tutta una Milano da bere o probabilmente già bevuta da tempo.
É la storia del poliziotto Franco Amore che, proprio il giorno prima della pensione, decide di complicarsi maledettamente la vita.
É la storia anche del regista Andrea Di Stefano convinto di girare un polar/noir alla francese ma che finisce per invischiarsi in meccanismi che non ingannano nessuno sia vagamente attento a trama, dettagli e contro trama, anche mettendo i sottotitoli perché tra lo pseudocalabrese e le frasi biascicate rischi di perderti rivelazioni chiave.
La doppia narrazione promette verve ma mette a dura prova tempi mai rispettati, situazioni sempre oltre il limite, coinvolgendo anche la moglie sopra le righe, bambini curiosi, ed epiloghi alla Robin Hood ma senza frecce ormai, che saluta tutti via radio cosciente di pronunciare l’ultimo passo e chiudo.
Un John Wick de noantri senza nessuna possibilità di sequel. Diremo anche. Per fortuna.
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