Regia di Lucrecia Martel vedi scheda film
Brava Lucrecia Martel, una delle tante registe donne che negli ultimi anni dimostrano di non aver nulla da invidiare ai colleghi maschi in termini di bravura registica e visione personale. "La cienaga" è un'opera prima, e si tratta di un debutto già maturo e originale, dove la regista dipinge un quadro molto pessimista di una borghesia argentina allo sbando, rappresentata dalla famiglia di Mecha, che abita in una villa fatiscente in una regione montuosa e trascorre le proprie giornate nell'ozio e nella contemplazione di un evidente fallimento esistenziale. La visita di una cugina dalla città, Tali, anch'ella con una numerosa famiglia sulle spalle ma più pragmatica e positiva, potrebbe essere l'occasione per un cambiamento, ma nulla di buono sembra covare all'orizzonte... È un ritratto di borghesia in nero che ha tra le sue fonti drammaturgiche autori disparati, ma la critica internazionale ha citato principalmente Chekhov e Bunuel: dello scrittore russo viene ripresa soprattutto l'atmosfera delle "Tre sorelle", con il loro costante vagheggiamento di andare a Mosca, mentre qui si parla di un viaggio in Bolivia per evadere dallo squallore, che ovviamente resterà solo un'intenzione; del regista spagnolo soprattutto una certa cattiveria anti-borghese che non diventa comunque disprezzo fine a se stesso. La regista ha un ammirevole polso nel gestire le inquadrature spesso affollate di personaggi e nel dare un rilievo piuttosto lugubre al paesaggio; i personaggi sono molti, tanto che si può parlare di film corale, ma non mi sembra che non si riesca a seguirli come ha notato qualcuno, perché conservano ognuno una precisa individualità. Mi ha destato qualche perplessità la scelta di un finale alla Haneke, che non scioglie volutamente certi nodi della trama, e in cui affiora la tragedia in un modo che mi è apparso un po' troppo programmatico. Nel cast spicca decisamente l'interpretazione di Graciela Borges nel ruolo di Mecha, davvero un volto espressivo che meriterebbe maggiore fama anche da noi, mentre Mercedes Moran che recentemente abbiamo visto nel Neruda di Larrain, è ugualmente brava nel ruolo di Tali, ma ha una parte forse troppo "normale" rispetto alla collega che domina nelle scene in cui appare. Premiato a vari festival fra cui anche il Sundance in America, è un film disperato ma intelligente che meriterebbe un pubblico più vasto.
Voto 9/10
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