Regia di Ken Loach vedi scheda film
76° FESTIVAL DI CANNES 2023 – IN CONCORSO
Nel 2016 profughi siriani giungono in un villaggio ex minerario dell'Inghilterra nord-orientale, già provato dalla disoccupazione, dalla crisi economica e dal ribasso del valore delle abitazioni che impedisce agli abitanti persino di vendere e andare via. Il villaggio ospita una concentrazione incredibile di xenofobi, disposti a tutto per rendere la vita difficile ai rifugiati con comportamenti razzisti ed ostili. TJ Ballantyne (Dave Turner ), il generoso proprietario del pub The Old Oak, veterano degli scioperi dei minatori contro la Thatcher nel 1984, si schiera invece al loro fianco, pur dovendo far fronte ai velenosi pregiudizi a cui la clientela storica del locale, che non può permettersi di perdere se vuole restare aperto, dà sfogo davanti ad una pinta di birra. Una comunità un tempo unita e solidale per combattere per i propri diritti contro le politiche thatcheriane si è infatti ora chiusa e incattivita, ridottasi ad odiare meschinamente chi è più sfortunato incolpandolo ingiustamente del proprio declino. TJ si trova addirittura oggetto di una duplice ed opposta richiesta di utilizzo dello stanzone sul retro del pub, da tempo abbandonato: per un town meeting degli oppositori dell’accoglienza e per pasti in comune tra siriani e locali per creare legami di mutua solidarietà. Lacerato tra le ragioni ideali e quelle di sopravvivenza economica e tra i vecchi e i nuovi legami , oltre che segnato da drammi della sua vita personale, con l’abbandono da parte della moglie e del figlio anni prima, il maturo barista stringe un legame di mutua comprensione con Yara (Dave Turner), giovane fotografa siriana giunta al paesino inglese con la famiglia, ad eccezione del padre disperso nel conflitto.
A 86 anni Ken Loach ancora non perde la sua abilità nel genere di cinema politico che ha sempre fatto, di cui The Old Oak rappresenta l'ennesima variazione sul medesimo tema, e riesce in diverse scene a toccare le corde del cuore con la sua poetica schierata dalla parte dei deboli, che sa mescolare con efficacia dramma e ironia. Soprattutto il rafforzarsi del legame tra il maturo TJ e la giovane Yara, non sentimentale ma umano con la condivisione dei rispettivi vissuti e passate ed attuali difficoltà, è trattato con empatia e delicatezza.
Tuttavia non sento di condividere l’entusiasmo di alcuni commenti che avevano visto nel film una possibile Palma d’oro. L'autore per raggiungere il suo scopo di denuncia della xenofobia e del pregiudizio sbilancia il film verso la retorica e lo schematismo manicheo buoni vs cattivi e calca un po' troppo la mano presentando situazioni esagerate ed inverosimili. Appare ben strano che nel piccolo villaggio inglese siano concentrati così tanti razzisti disposti a tutto pur di scacciare i rifugiati e risulta particolarmente inverosimile ed incoerente che l’ex migliore amico di TJ partecipi addirittura al sabotaggio dei tubi idraulici del pub, quando poi nella scena successiva lo vediamo portare fiori alla commemorazione del papà di Yara morto in Siria, in una risoluzione finale troppo sbrigativa.
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