Regia di Paul King vedi scheda film
Per riportare al cinema il personaggio creato da Roald Dahl in La fabbrica di cioccolato, interpretato in passato da Gene Wilder e da Johnny Depp, il regista britannico Paul King (Paddington 1 & 2) e lo sceneggiatore Simon Farnaby optano per un prequel che spieghi le origini di Willy Wonka e di come sia diventato quel creatore di magiche prelibatezze a cui nessuno, adulto o bambino, riesce a resistere.
Ma era davvero necessario?
In fondo King & Farnaby, che avevano già maneggiato materiale simile nella saga di Paddington, fabbricano una commedia musicale “abbastanza” gradevole, adatta sia a grandi che (soprattutto) ai piccini, mescolando tra loro atmosfere dickensiane e ambizioni brechtiane per un musical (perchè questo è) che alterna continui balletti, canzoni e un pizzico di irriverenza tipicamente british arrivando però a cambiarne anche il background e la storia.
Tutta la backstory di Willy, infatti, in Wonka è legato al rapporto con la madre, un’esule dell’Europa dell’Est (!?) che gli insegna tutti i trucchi (magici) per fare il cioccolato, bypassando completamente il rapporto conflittuale con l’autoritario padre dentista (che qui invece sparisce del tutto), nei libri all’origine (oltre della sua ossessione per il cioccolato) della sua misantropia, del suo essere anticonformista o di andare testardamente controcorrente, incurante e/o infastidito delle opinioni della gente.
Date le premesse questo cambia tutto trasformando Willy Wonka in un giovane sognatore, tenero e appassionato, ancora legatissimo della madre in quanto tutto quello che fa è proprio in funzione di ricreare quel rapporto magico interrotto prematuramente, e troppo bruscamente, della malattia.
Ma di quel Wonka scorretto, che non aveva remore di “eliminare”, seppur per finta, bambini antipatici e boriosi, un po' si sente la mancanza.
E invece il nuovo film di Paul King è una perfetta favola di Natale adatto a tutte le famiglie, edificante e positivista, che vive di ritmi, colori e buoni sentimenti, numeri musicali e canzoni (colonna sonora di Joby Talbot che ha scelto di ripescare due celebri brani del’71, Pure Imagination e Oompa Loompa, mentre i numeri di ballo sono ad opera di Neil Hannon) e se c’è un elemento in particolare che lo caratterizza è la fantasia, la creatività dell’immaginazione come potere capace di sovvertire anche l’ordine costituito per una fiaba che si mostra fin da subito anti-capitalistica.
Il sistema infatti è corrotto, sia a livello istituzionale che religioso, ed è proprio il cioccolato, metafora nemmeno troppo velata di droga e/o denaro, a tentarli e a rende tutta la città sotto il loro controllo mentre Wonka invece ne è invece la naturale nemesi in quanto esuberante e incontrollata anarchia, senza ordine, senza casa. E senza legge.
Opera che funziona soprattutto grazie a un eccellente e divertito Timothée Chalamet in una delle sue migliori performance (e non sono mai stato un suo grande fan) ma importante è anche l’apporto del resto del casting, a partire Tom Davis e Olivia Colman, cattivi da romanzi di Dickens mentre i tre “capitalisti” del Cartello del Cioccolato, interpretati da Paterson Joseph, Mathew Baynton e Matt Lucas, sono sgradevoli al punto giusto.
Nel ricchissimo cast, a ribadire ulteriormente un’operazione estremamente british e girata tra Londra, Oxford e il Dorset, compaiono anche Hugh Grant nel ruolo “marpione” di Oompa – Loompa, Calah Lane, Rowan Atkinson, Sally Hawkins, Keegan-Michael Key e Simon Farnaby.
Peccato però per il doppiaggio in italiano delle canzoni (di cui sono decisamente contrario).
“Oompa loompa doompety doo”.
VOTO: 5,5
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta