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Black Panther: Wakanda Forever

Regia di Ryan Coogler vedi scheda film

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La recensione su Black Panther: Wakanda Forever

di YellowBastard
7 stelle

Dopo la visione di Wakanda Forever mi è ormai sempre più chiaro di come il nuovo percorso iniziato dai Marvel Studios con la fine della Saga dell’Infinito abbia significativamente un tema in comune: l’elaborazione del lutto e/o il superamento del trauma dell’abbandono dei propri cari.

Causa pandemia il post Endgame è iniziato in TV (programmaticamente?) proprio con WandaVison e il trauma del lutto, o la sua mancata/sbagliata gestione, della povera Wanda che deflagrerà poi in Doctor Strange 2 mentre al cinema la sua prima pellicola (Black Window) raccontava del lascito della Vedova Nera che in Hawkeye (sempre serie Disney Plus) coinvolgeva anche il personaggio di Occhio di Falco/Clint Burton mentre la morte di Tony Stark ha stravolto la vita di molte persone, in primis Spiderman che si è trovato privo di una figura paterna (e in No Way Home ad affrontare anche la perdita dell’amata zia), ma anche Sam Wilson & Bucky Barnes hanno dovuto affrontare l’abbandono di Captain America mentre addirittura lo stesso Thor: Love & Thunder di Waititi rappresenta (forse?) un lunghissimo addio al proprio (eterno?) amore travestito però da avventura fantasy (ma non dimentichiamoci anche di Moon Knight).

E se tutto questo fosse legato in qualche modo (Involontariamente? Inconsciamente? Premeditamente?) proprio alla tragica scomparsa del povero Chadwick Boseman, morto il 28 agosto del 202o all’età di 43 anni?

 

Disney And Marvel Face Massive Backlash For Using The Late Chadwick  Boseman's Twitter Account To Promote Black Panther: Wakanda Forever

“Il re è morto, lunga vita al(la) Re(gina?)”

 

L’improvvisa scomparsa dell’attore per un tumore al colon ha lasciato tutti sconvolti ma anche preoccupati che compromettesse il futuro narrativo (e commerciale) del suo personaggio. Inoltre la sua sostituzione non poteva neanche essere troppo improvvisata, sia per permettere ai fan il tempo di elaborare il lutto ma anche perchè sia Boseman che il personaggio di Pantera Nera erano diventato un simbolo molto potente all’interno della comunità afro americana (e non solo).

Passare semplicemente oltre sarebbe quindi sembrato decisamente fuori luogo.

La soluzione adottata dai Marvel Studios è stata (probabilmente?) geniale: elaborarne il lutto attraverso la pellicola stessa coinvolgendo anche gli stessi spettatori.

 

Anche Black Panther - Wakanda Forever infatti racconta prima di tutto la reazione (di un gruppo di persone) alla scomparsa di una persona cara, a secondo dei casi di un figlio, un fratello, un amico, un’amante, un Re adottando inevitabilmente i funerali di T’Challa, con le danze, i murales, i canti e il commiato di una nazione al Re scomparso per onorare la dipartita di Chadwick Boseman.

La decisone di non procedere con un recasting del personaggio si è quindi rivelata la scelta più gusta non solo giustificandola a livello narrativo ma trasformandola anche in uno dei suoi punti di forza (a iniziare dal logo Marvel Studios dedicato all’attore fino alla scena post-credit dedicata invece alla sua eredità).

L’elaborazione di questo lutto è infatti il tema centrale del film ed è così che si apre la pellicola ma questo doppio registro, anche meta cinematografico tra racconto di fantasia e realtà, rimane costantemente (e sorprendentemente in modo genuino e mai troppo pedante) per tutto il resto della pellicola.

 

Amaarae and Tems Share New Songs on Black Panther: Wakanda Forever Prologue  EP: Listen | Pitchfork

 

L’approccio da parte della Marvel nei confronti di una tragedia del genere è apparsa quindi appropriata come anche la scelta di Nate Moore, produttore, e di Joe Robert Cole e Ryan Coogler, sceneggiatori e regista, di prendere di petto il problema producendo un seguito che è soprattutto un requim in sua memoria ma anche/soprattutto (l’ennesimo?) romanzo di formazione, in questo caso quello di Shuri, sorella di Re T’Challa ed erede del manto della Pantera Nera.

 

Esattamente come il primo film del 2017 anche questa nuova opera è qualcosa di originale e controcorrente, visivamente (ed emotivamente) impattante, riprendendo l’estetica della cultura africana (trasfigurata in una sorta di Afro-Futurismo) e mischiandola in questo caso con il folklore degli antichi Maya e Aztechi, ma promuovendo anche un ambizioso affresco epico sulla continuità storica dei soprusi dell’uomo bianco (o di potere) nei confronti di altre civilizzazioni pur adattandole ai bisogni di un moderno blockbuster e rispettando al contempo gli standard (anche elevati) del MCU.

 

Ma Wakanda Forever è anche una sorta di team-up al femminile (in questo caso ampiamente giustificato) nelle quale la mancanza di un figura centrale (e maschile) attorno a cui ruota l’intera vicenda non va considerata affatto uno svantaggio privilegiando invece l’evoluzione di personaggi già esistenti e introducendone di nuovi (come Riri Williams/Ironheart, ragazzina prodigio destinata a raccogliere il testimone di Iron Man e con una serie a lei dedicata in preparazione su Disney Plus) e che si prefigura di rimarcare (nuovamente) la forza femminile grazie all’opera delle sue attrici su cui dominano la dolente Regina Ramonda di Angela Bassett e soprattutto la combattuta Shuri di Letitia Wright, probabilmente il personaggio che ha subito un’evoluzione caratteriale più importante necessaria a costruirgli attorno il maggior rilievo possibile data la sua (probabile) prossima importa nel MCU a cui si aggiungono Lupita Nyong’o, Danai Gurira, Wiston Duke, Martin Freeman, Dominique Thorne e con Tenoch Huerta nel ruolo di Namor.

 

Namor in Black Panther: Wakanda Forever, perché è una scommessa riuscita -  Movieplayer.it

 

In occasione del trentesimo film, infatti, Kevin Feige ha scelto di introdurre uno dei primissimi personaggi della Marvel apparso per la prima volta nel 1939 quando la Casa delle Idee si chiamava ancora Timely Comics.

Per evitare pericolose (e indesiderate) sovrapposizioni con l’Acquaman della DC il Sub-Mariner dei fumetti è stato profondamente cambiato e da originario di Atlantide è diventato Sovrano di Talokan, città sottomarina popolata dai discendenti di un’antica comunità Maya mentre alle sue corrispondenze fumettistiche all’Impero Romano (il nome Namor non è altro che Roman, romano, al contrario) si sostituiscono gli omaggi alle civiltà precolombiane e mesoamericane, con il “serpente piumato” a combattere per la preservazione del suo popolo dalle ingerenze del mondo di superficie con uno spirito di rivalsa (nei fumetti il nome Namor in lingue atlantidea significa proprio “figlio vendicatore”) che nasce da un passato memore delle stragi compiute dai conquistadores spagnoli in una storia piuttosto simile (solo più oscura) a quella del Wakanda.

 

D’altro canto il lavoro sui personaggi è un aspetto fondamentale della pellicola come anche le scenografie di Hannah Beachler e i costumi realizzati da Ruth E. Carter, entrambe poi vincitrici dell’Oscar con il primo Black Panther, che continuano il lavoro su civiltà di fantasia ma concretamente ispirate a popolazioni esistenti mentre alla colonna sonora fa ritorno anche Ludwig Goransson dopo già l’ottimo lavoro nel precedente capitolo.

Il risultato finale, a conclusione di questa fase Quattro del MCU, è un’ostentazione d’orgoglio (se possibile) addirittura superiore a quello del primo capitolo, sfrontato sin dalla sua durata di due ore e quaranta minuti, e che sposa alla lettere la regola del “bigger is better”, alzando ulteriormente la posta in gioco per la Marvel (e che continua nel suo discorso di inclusione, girl power all’ennnsima potenza e difesa delle minoranze) e che pone ulteriormente le basi per il proseguo del MCU che arriverà con Ant Man and The Wasp e il debutto (ufficiale) di Kang Il Conquistatore.

 

Black Panther: Wakanda Forever, recensione del film Marvel

 

VOTO: 7,5

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