Regia di Louis Malle vedi scheda film
Zazie nel metrò non è un vero e proprio film: è piuttosto una parodia divertita, la caricatura surreale di un film, un esperimento che va dalla psicanalisi al metacinema. L'obiettivo è quello di smascherare la finzione del cinema, andando a demistificare i meccanismi della settima arte in tutte le sue componenti: dai personaggi (i ruoli si confondono, si scambiano, si intersecano) alle situazioni (un inseguimento su un'auto appoggiata sul tetto di un'altra auto), dalla narrazione (la logica spesso si disperde), alle scenografie (pareti di gomma), dal doppiaggio (che non rispetta le voci dei personaggi) al montaggio (spezzettato, confusionario). Come per il romanzo originale di Queneau, Zazie è un enorme gioco (là linguistico, qui cinematografico) e non a caso la protagonista è un'irresistibile discoletta di 10 anni; eppure a ben vedere è Vittorio Caprioli, qui impiegato in numerosi ruoli di contorno, a fare la differenza in tutto il lavoro, a colorarlo con varie caratterizzazioni sempre e soltanto sopra le righe. Memorabile la scena in cui insegue Zazie per Parigi, mandata a doppia velocità come le vecchie comiche, corredata da trovatine fra lo slapstick ed il cartone animato. Ci sono più idee dentro a questo film che in tre quarti della nouvelle vague (e in effetti Truffaut lo amò molto).
Zazie, 10 anni, passa 48 ore a Parigi dallo zio; il suo sogno è vaggiare sulla metropolitana, ma c'è sciopero. Girando per la città incontra così un poliziotto ed un pedofilo sorprendentemente simili, una matura zitella ed una serie di personaggi bizzarri, fino al ritorno della madre, che la prende in braccio e la porta sulla metropolitana. Ma Zazie nel frattempo si è addormentata.
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