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Dio in cielo... Arizona in terra

Regia di John Wood vedi scheda film

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La recensione su Dio in cielo... Arizona in terra

di giurista81
6 stelle

Onesto spaghetti western costruito, nonostante il periodo di parodie, seguendo gli stilemi propri di inizio genere. Trama trita e ritrita, con un bounty killer in cerca di vendetta che si mette a capo di una serie di piccoli proprietari terrieri, defraudati dalle loro terre finite nelle mani del bullo di turno, per ristabilire l'ordine naturale delle cose. 

Dietro lo pseudonimo di John Wood si nasconde lo spagnolo Juan Bosch Palau, discreto regista capace, contrariamente a molti suoi connazionali, di dirigere con destrezza i momenti di azione. Pur essendo un western dalla forte impronta ispanica, da un punto di vista organizzativo, l'influenzamento dello stile italiano è prevalente. Non si respira quell'atmosfera melò tipica del taglio ispanico. 

Fabio Piccioni, alla sceneggiatura, dona piuttosto alla pellicola un taglio smargiasso e insolente che ricorda l'irriverenza leoniana. Certo, nulla a che fare con Il Buono, il Brutto, Il Cattivo, come si legge tra le pagine del volume di Giusti. Più correttamente direi che siamo dalle parti dei western americani stile Il Cavaliere della Valle Solitaria (1953) di George Stevens, su cui si innesta una caratterizzazione tipicamente italiana del protagonista. Nei panni di quest'ultimo abbiamo il rodatissimo Peter Lee Lawrence, attore lanciato proprio da Sergio Leone in Per Qualche Dollaro in Più (1967) dove interpretava il ruolo del fidanzato della sorella del colonnello. Lawrence, già visto in svariati western, è perfetto per la parte, spaccone a più non posso sia con gli avversari sia con le donne cui da il giro. Simpatica la scena in cui sculaccia Maria Pia Conte, che interpreta la fidanzata dell'attempato boss padrone dell'intera città, che andrà poi a strappargli per mollarla da irriducibile solitario. "Siete una bambina maleducata" la canzona, piegandosela sulle ginocchie e menandola sui glutei come si è soliti fare con una monella dispettosa.

Si tratta però di un raro momento di comicità inserito in un western serio. Certo, c'è la figura di Duffy, interpretato da Robert Camardiel (meno scatenato del solito), che non fa che bere in continuazione whisky che produce per conto proprio grazie a una distilleria artigianale. Tra un sorso e l'altro però dimostra anche di saper sparare, ricorrendo a una specie di lupara che disintegra tutto ciò che gli si para di fronte con una rosata enorme. Direi non proprio un'arma di precisione. Incarna l'elemento di raccordo con gli altri due episodi della mini saga Arizona, ovvero Arizona Colt (1966) di Michele Lupo e Arizona si Scatenò... E Li Fece Fuori Tutti (1970) di Sergio Martino. Il suo personaggio, infatti, pur non chiamandosi più Doppio Whisky, è l'unico ritornante. I vari protagonisti invece, pur mantenendo il nome, non hanno nulla a che fare tra loro (ricordiamo in precedenza i ruoli di Giuliano Gemma e Anthony Steffen). Solo l'epilogo, dopo aver omaggiato Howard Hawks, è un chiaro omaggio alla fine del primo capitolo della serie con l'eroe che se ne va dopo aver eliminato tutta la banda di manigoldi. "Io lo so perché se ne è andato: non gli piaceva il mio whisky!" sbotta Camardiel, mentre più indietro la giovane e bella Maria Pia Conte resta delusa per non aver convinto il ragazzo della sua vita a restare da lei. "Voi donne, io, non vi riesco proprio a capire" le dirà poco prima il protagonista.

Dunque niente di nuovo, ma ben diretto e ben scritto. Un'ora e mezzo di divertimento, tra sparatorie e scazzottate, pur senza grosse inventive o trovate geniali. Oltre a Lawrence, bravo, ha un ruolo interessante Carlo Gaddi nei panni del professionista ingaggiato dal boss del paese per far fuori il forestiero. Dotato di pistole dall'impugnatura d'oro, alla Henry Fonda in Ultima Notte a Warlock (1959) di Edward Dmytryk, il pistolero riconosce le qualità dell'avversario, addirittura lo loda in pubblico e brama di verificare chi tra i due sia il più veloce. Si toglierà la curiosità a sue spese ma, prima di morire, ammetterà la sconfitta. "Tu sei il migliore!" Arizona sembra restarne commosso e lo fa subito capire canzonando il ruffiano sceriffo (il solito Luigi Induni Radice, specializzato in questo ruolo), dicendogli che "non è una stella a fare un uomo" e che lo sciacallo appena morto era assai migliore di lui. 

Brana è un antagonista che non si lascia ricordare, anche se assolve al suo compito senza infamia e senza lode, tra l'altro, armato di forcone, esibendosi in un corpo a corpo finale con Lawrence.

Bosch è essenziale nella direzione, non particolarmente bello a vedersi ma calibrato. La cura della fotografia e delle scenografie è sufficiente. Bella la colonna sonora di Nicolai che giunge però, riciclata, da Una Nuvola di Polvere... Un Grido di Morte.... Arriva Sartana! (1971) di Giuliano Carnimeo ma prodotto da Luciano Martino che ritroviamo qua, in veste di coproduttore. 

Vale la visione, pur non essendo un film cardinale.

 

Ps: "Il parroco se ne è andato per mancanza di clienti... Ora fa il croupier a Darwin" quando si dice fare una bella evoluzione.

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