Regia di Lena Dunham vedi scheda film
La Giovane Turca.
Lena Dunham (classe 1986; attrice, scrittrice e regista di “Tiny Forniture”, “Girls” e “Sharp Stick”, più la caratterizzazione di Catherine Louise "Gypsy" Share della Manson Family in “Once UpOn a Time in… HollyWood” e la traslazione da UK a US di “Camping”) dirige, dopo averlo sceneggiato di suo pugno, l’adattamento dell’omonimo (col passaggio dalla pagina scritta al grande schermo si cambia in “lieto” il finale e si perde - in senso letterale - una sola virgola: “Catherine, Called Birdy”) romanzo d’esordio per ragazzi (juvenile / young adult fiction, nel solco - fatte le debite proporzioni - di Alcott, Carroll, Stevenson e Twain) del 1994 di Karen Cushman (1941; “the MidWife’s Apprentice”), e grazie alla totale complicità e alla fenomenale bravura di Bella Ramsey (2003; Lyanna Mormont in “Game of Thrones”: little bear, last of her line, killer of giants; poi in “the Worst Witch”, “His Dark Materials”, “Becoming Elizabeth” ed Ellie nel prossimo “the Last of Us”) ne cava fuori una delizia di film (in zona "the Little Hours" style/mood) che s’inserisce con passo sicuro - e in maniera, “paradossalmente”, molto più iperrealistica - sul sentiero tracciato (oltre che dai personaggi di Arya Stark e Daenerys Targaryen in GoT) da “Brave” (2012; Brenda Chapman, Mark Andrews, Steve Purcell) ed “Enola Holmes” (2020; Harry Bradbeer, Jack Torne, Nancy Springer, Millie Bobby Brow): tre pellicole che in Iran, Qatar, Calabria Saudita e nelle Marche spaccano di brutto.
“Se non posso essere un eroe, sarò l’amore di un eroe.”
Coming of Age & Growing Up: percussive confutazioni ai dogmi dello stato delle cose.
Ad affiancare Bella Ramsey completano il cast le ottime prove di Lesley Sharp (la mambinaia; Naked, Priest, Vera Drake), Andrew Scott (il padre; Sherlock, FleaBag, His Dark Materials), Billie Piper (la madre; Doctor Who, Penny Dreadful, Rare Beasts), Joe Alwyn (lo zio; the Favourite), Sophie Okonedo (la zia acquisita; Hotel Rwanda), Isis Hainsworth (la migliore amica; Metal Lords), Michael Woolfitt (il miglior amico; esordiente assoluto), Archie Renaux (il fratello maggiore, monaco; Shadow and Bone), Dean-Charles Chapman (il fratello mezzano; Tommen Baratheon in GoT), David Bradley (padre della migliore amica; Walder Frey in GoT, e After Life), Ralph Ineson (il cocchiere; Dagmer Cleftjaw in GoT, e the Tragedy of Macbeth, the Green Knight e the NorthMan) e il fantastico Paul Kaye (Shaggy Beard; Thoros di Myr in GoT, e the Third Day), più Russell Brand e Angus Wright tra i pretendenti.
Fotografia di Laurie Rose (sodale di Ben Wheatley, e si vede), montaggio di Joe Klotz (Rabbit Hole, Motherless Brooklyn), musiche originali di Carter Burwell (Joel & Ethan Coen, Todd Haynes, Spike Jonze, Martin McDonagh e “Olive Kitteridge”), coadiuvato dalle voci dei Roomful of Teeth di Brad Wells & C. e dalle cover di Misty Miller (SuperGrass, Elastica, the Angels, Mazzy Star, Alicia Keys, della stessa Billie Piper e poi la splendida, devoniana tra synth-pop e new wave, “Young Turks” di Rod Stewart & Appice, Hitchings, Savigar & Cregan, con svolazzar di chioma in primo piano e un cavaliere sullo sfondo), produzione Working Title, distribuzione Amazon e location principali fornite dallo ShorpShire (che dev’essere un po’ il Molise inglese: inesistente? Quasi: bellissimo).
Ed eccola qui Caterina, detta Uccellino, che insidia le crocifisse grazie ligneo-scolpite…
…di nostro/vostro/loro Signore Gesù Cristo, detto il Nazareno (per gli amici: Messia).
Del tutto “casualmente” (giocoforza per via dei nodali tópoi storico-caratteriali puntellanti le varie narrazioni) vi sono molte similitudini con altre coeve opere (considerando la cinematografia, non la letteratura che l’ha generata) recenti, come ad esempio l’accettazione del proprio destino (salvo, nel secondo caso, un imprevisto cambio repentino di rotta dovuto ad un fatale parto distocico) da parte di George, lo zio materno di Birdy, ch’è simile a quella di Daemon, lo zio paterno di Rhaenyra, in “House of the Dragon”, mentre, a proposito di gravidanze e sgravamenti (ovvero: il menarca per i monarchi), “curioso” è l’utilizzo dell’espulsione fetale come metronomo della Storia tanto in “HotD”, in cui la nascita del terzo figlio della primogenita - ma seconda in linea di successione al trono - Targaryen segna lo stacco netto tra le due epoche in cui è suddivisa la 1ª stag., senz’alcun utilizzo né di analessi né tantomeno di prolessi, quanto in “the Serpent Queen”, in cui il passaggio di testimone dall’adolescenza all’età adulta è un po’ più drastico (ma tutta la vicenda sfrutta il dispositivo del flashback, senza flashforward, mettendo in relazione l’età matura prima con la giovinezza e poi con l’emancipazione), comparendo al momento della nona (ed ultima, e nella realtà decima, perché gemellare: un’infante nata morta e l’altra sopravvissuta un paio di settimane) venuta al mondo di un erede Valois/Medici.
Splendido finale “aperto/tronco” à la “Days of Heaven” con chiom’al vento e cavaliere [il figlio di Shaggy Beard, o (di) qualcun altro] in “agguato” all’orizzonte.
“It’s her realizing that she can be free within the confines of her time.” - Bella Ramsey su Catherine.
La giovine Birdy cantava / viva la li-ber-tàaaa!
* * * ¾ - 7.5
Notazione final-trasversale sulla vessata non-questione del così - dal patriottaggio verbale delle gaddiane marieluise e della loro schiatta di minus/mongo/handy-habens - detto "black-washing" (o, più in generale, "forced diversity").
“San Tommaso di colore, San Marco cinese: più inclusion de così?!” - René Ferretti, “Boris 4”, 2022.
Valore/grado (da 1 a 10) di coerenza (world building) & autenticità (“storica”) in alcuni freschi prodotti “passa(n)ti” dal white (pink) al black (brown) [& yellow, red, green (ENI), blue (Na’vi)] washing nel 2022 (e, a latere, annotazioni sullo sguardo dritto in macchina da presa con o senza “interazione” verbale con lo spettatore):
- Primo Basso Medioevo:“the Tragedy of Macbeth” (2021): 7.5/10 (filologicamente coeniano)
- 1290-‘91: “Catherine Called Birdy” (2022): 1/10 (senza camera-look, a parte in un paio di rimarcabili accenni, ma con voice-over narrante in prima persona);
- ca. 1535-1565: “the Serpent Queen” (stag. 1, 2022): 2.5/10 (con camera-look ad interpellazione diretta sporadico-saltuaria);
- 1900-‘01: “Enola Holmes” (1&2, 2020-‘22): 1/10 (con camera-look ad interpellazione diretta costantemente reiterata da farne cifra stilistica);
- 112 After Conquest (172 anni prima della nascita - 284 AC - di Daenerys Targaryen, con GOT che inizia nel 298 AC): “House of the Dragon” (stag. 1, 2022): 7.5/10 [in accordo con l’autore e in contrasto con le sue opere: principalmente l’enciclopedica appendice romanzata e compendio storico (legendarium) di “Fire & Blood”];
- Fine della Seconda Era (migliaia di anni prima degli eventi affrontati - Fine della Terza Era - in “lo Hobbit” e “il Signore degli Anelli”): “Lord of the Rings: the Rings of Power” (stag. 1, 2022): 7.5/10 [in “disaccordo” con l’autore (nel frattempo resosi defunto), le sue opere (la mitopoiesi de “il Silmarillion”), i suoi eredi ed Elon Musk (in attesa di conoscere il parere di Giorgia Meloni), ma, data la natura pre-edenitica dell’universo Eä → Arda, più plausibile del canone].
Postilla ultima: "Mamma non mi manda' fori la sera".
E poi arrivò il mattino / E col mattino un angelo
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