Regia di Catherine Breillat vedi scheda film
Che il cinema di Catherine Breillat voglia gridare al mondo il suo caparbio desiderio di diversità, lo dimostrano i titoli della sua filmografia, non di rado accompagnati, siglati, suggellati da punti esclamativi. (da “Parfait amour!” a quest’ultimo “A ma soeur!”). E ancora. Filo rosso di tutte le storie della scrittrice, sceneggiatrice (anche per Fellini) e regista francese è, senza dubbio, il sesso: negato, cercato, sofferto, subito, sfrontato. Come in “Vergine taglia 36” (1987), “A mia sorella!” scava nei ricordi adolescenziali, nelle estati consacrate ai primi approcci, alle “prime volte”, anche se il finale (francamente un po’ oscuro) sembra uscito più dal recente “Baise-moi” che dall’immaginario – privato e filmico – della Breillat, autrice che ama i lunghi piano-sequenza, i dialoghi silenziosi, le ottiche non convenzionali. E che chiede ai suoi spettatori lacrime e sangue, pazienza e approcci attivi. Un “anti-cinema” originale e personalissimo, che non concede nulla, che s’aggrappa a se stesso per sfiducia cosmica e relativismo pragmatico. Se avete qualche ricordo bruciato sotto il sole di una vostra estate calda, ecco il film che potrebbe risvegliare in voi memorie rimosse e mai sopite.
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