Regia di Fabio Rosi vedi scheda film
Giallo biografico sulla scomparsa del professore di Economia Federico Caffè, il film di Fabio Rosi riscatta nella tensione narrativa e nel ritmo del cinema d'inchiesta all'americana la sua matrice televisiva e l'inevitabile didascalismo di fondo legato alla dicotomia tra aspirazioni idealistiche e le allarmanti sirene del compromesso politico.
Il 15 Aprile 1987, il professore a riposo di Economia Politica Federico Caffè, scompare all'alba dalla sua casa romana di Monte Mario senza lasciare tracce o indizi certi riguardo ad un suo allontanamento volontario o ad altra causa assai più infausta. Amici, allievi, colleghi ed autorità si impegneranno in un vano tentativo di ricerca tanto dell'illustre accademico quanto delle misteriose circostanze che hanno condotto alla sua scomparsa. Ma, chi era Federico Caffè?
Giallo biografico sulla scomparsa del professore di Economia politica Federico Caffè, il film di Fabio Rosi (un nome, una garanzia) riscatta nella tensione narrativa e nel ritmo del cinema d'inchiesta all'americana la sua matrice televisiva e l'inevitabile didascalismo di fondo legato alla dicotomia tra aspirazioni idealistiche e le allarmanti sirene del compromesso politico. Figlio di una consuetudine un pò provinciale delle produzioni nostrane che rifà il verso agli scattanti modelli liberal dei docu-thriller d'oltreoceano, ma anche di quella tradizione di impegno civile che ha informato il lavoro di autori come Rosi (Francesco), Petri e Montaldo, l'impianto decisamente datato dell'opera prima del giovane cineasta romano sembra il necessario contraltare di un esordio che si assume una responsabilità più grande di quella che riesce a sostenere: inquadrare il mistero sulla scomparsa di Federico Caffè nel più complesso scenario di quella profonda connessione tra i fermenti accademici delle neonate teorie liberiste e la palude di un sottobosco politico-burocratico pronto ad approfittarne per alimentare i loschi traffici di un bieco clientelismo istituzionale. Attraverso una narrazione sfilacciata e confusa ed un montaggio che procede a scatti nell'andirivieni di flashback e flashforward a cavallo di quella fatidica data, l'autore inscena il retorico teatrino della voci di chi l'ha conosciuto: di chi lo ha amato e ammirato ma anche di chi lo ha odiato e osteggiato; una concessione sin troppo banale e retriva alla mistificazione romanzesca di una figura che, mitizzata al di là dei propri meriti e dei propri limiti, ne esce necessariamente sminuita e svilita nella complessità della sua insondabile dimensione umana. Nel curioso cortocircuito tra realtà e mito, tra cronaca e letteratura, tra documenti d'archivio e leggende metropolitane (anche questo film è tratto dal libro omonimo di Ermanno Rea) si cita Sciascia e La scomparsa di Majorana (unico libro nella biblioteca personale di Caffè ad essere scomparso con lui) e con esso quei Ragazzi di via Panisperna che sembra il calco ideale per l'ennesima ricognizione cine-televisiva nell'agiografia dei nostri misconosciuti profeti in patria. Insomma, sappiamo già dove si vuole andare a parare, compresa la detection dell'ex allievo e figliol prodigo, belloccio e perplesso, combattuto tra le facili sirene della Consob ed il primato etico e ben poco remunerato delle Teorie Keynesiane del laboratorio teorico dello sfortunato mentore. Non che il cinema italiano non ci abbia abituato ad un rigore formale e morale di ben altro spessore, capace di interrogarsi sulle conseguenze e le ragioni profonde di una scomparsa che deve necessariamente chiamare tutti alle proprie responsabilità; basti pensare alla disperata discesa agli inferi dell'oscuro pioniere dell'analisi funzionale Renato Caccioppoli nel bellissimo e poetico Morte di un matematico napoletano di Mario Martone di circa un decennio prima. Encomiabile l'interpretazione misurata ed intensa di Roberto Herlitzka, come lo era stata quella di Carlo Cecchi nel film precedente. Globo d'oro alla miglior opera prima nel 2001.
«Un uomo che scompare compie un gesto che è dentro di noi, oscuramente, perché tutti abbiamo pensato, almeno una volta, di sparire».
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