Regia di Andrea Zaccariello vedi scheda film
Commedia ad episodi leggerissima. Bravi gli attori
Tre episodi legati da un unico “fil Rouge” il boom economico degli anni cinquanta e sessanta, che aveva dato la stura a tante illusioni, tradotte poi, il più delle volte, in misere delusioni. “Il figlio di Pelé". Dante Lombardozzi, soprannominato Pelé, è un ignorantone, appassionato di calcio e tifoso della Roma, non apprezza il talento letterario dell’unico figlio maschio, dal quale invece si aspetta, diventi un grande calciatore, ma il ragazzino, come constatato dall’insegnante, è più portato per lo studio. In una mitica Italia Germania, giocata al campeggio, il figlio, incaricato di tirare il rigore decisivo, lo sbaglia platealmente. Il padre allora, vedendolo umiliato e sconfortato, decide di riscattarlo e riscattarsi e così si prende la sospirata licenza media, grazie ad una commissione molto compiacente e con gli amici del bar che lo prendevano sistematicamente in giro, esalta le doti del figlio in campo letterario, invece che in quello del calcio. "Il figlio di Villa". Sandrino, è un verace trasteverino, che lavora in un ristorante di proprietà del futuro suocero, ha una voce roboante, che ricorda quella di Claudio Villa e sogna di diventare un artista di successo. Artatamente scritturato da un losco impresario, che gli carpisce ben otto milioni per salvare la sua società, viene buttato fuori dal locale, proprio alla vigilia dell'esibizione, cosi mestamente rinunzia ai suoi sogni di gloria. Quando finalmente si sposa con Lucia, nell'albergo durante il viaggio di nozze, canta e finalmente, ottiene un “familiare” successo "Il figlio di Maciste". Aurelio tira a campare esibendosi in strada per i turisti, nelle vesti di centurione, mestiere che sente “suo” Gloria, la fidanzata, lo rintuzza continuamente, non vedendo prospettive in quella mascherata. La madre un giorno gli confessa che 36 anni prima, lei semplice comparsa nei filmoni kolossal, aveva avuto un breve flirt, con un attore americano divo dei “peplum”, dalla cui relazione era nato lui. Aurelio allora va ad Hollywood a cercare il padre e lo trova a fare lo chef in un ristorante. Tornano insieme in Italia, e, poco dopo, aprono insieme un ristorante tibetano altrettanto finto, come i film mitologici di una volta. La mano del regista è molto leggera e il film anche se con qualche spunto divertente, non riesce a graffiare più di tanto. Tuttavia gli attori sono bravi e qualche scena, strappa più di un sorriso.
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