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Ritorno a casa

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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La recensione su Ritorno a casa

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Io me ne torno a casa. Vado a riposarmi». E il vecchio attore francese, che sta recitando in inglese le battute talvolta impronunciabili di un film tratto da “Ulisse” di Joyce, si allontana di spalle dal set, lasciandoci con il primo piano attonito del regista. È Michel Piccoli in “Ritorno a casa”, grandissimo film di Manoel de Oliveira (uno dei più belli del concorso di Cannes), che racconta (anche lui) l’elaborazione di un lutto, quietamente, ironicamente, con i tempi morti e all’apparenza irrilevanti che un grande dolore trascina con sé, probabilmente con la spassionata distanza che una lunga vita (de Oliveira ha 93 anni) e un talento da cesellatore inducono. All’attore, che nella prima sequenza recita Ionesco in teatro, comunicano, tra le quinte, che sua moglie, la figlia e il genero sono appena morti in un incidente d’auto. Gli rimane solo il nipotino. “Qualche tempo dopo”. Ognuno si attacca a quel che può: Piccoli ha il bambino, il teatro e, come dice a un amico preoccupato, la sua solitudine. E ha anche un bel paio di scarpe nuove, che rimira compiaciuto durante il dialogo con l’amico, mentre la macchina da presa resta ostinatamente fissa proprio su quelle scarpe. Ha il rito del bar, dove va tutte le mattine a prendere il caffè e leggere “Libération” (in una scena che ritorna tre volte, con i tempi e i mutamenti perfetti di un vero gag), ha la parte di Prospero in un allestimento della “Tempesta”. È vecchio, pare anestetizzato. Ma il dolore scava, le scarpe gliele rubano, il trucco per il film è ridicolo. E la botta arriva, e se ne torna a casa. Straordinariamente lieve, sottoposto a un controllo ferreo, senza una sbavatura: con i suoi piani fissi e il suo gusto per i particolari, con un dialogo svagato e ridotto all’essenziale, con un’ironia diffusa, de Oliveira ha fatto un film sul lutto senza età e senza ricatti, dove pare proprio di condividere il tempo di maturazione, la resistenza apatica, la vulnerabilità disarmante del protagonista. Con lui, due attori che non esitano davanti a lunghissimi primi piani: Michel Piccoli e John Malkovich, nella piccola, sgradevole, perplessa parte del regista. Pare fuori luogo, ma “Ritorno a casa” è divertente.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 25 del 2001

Autore: Emanuela Martini

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