Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
La terza età non è affatto disperata come la si crede: buone notizie dal 92enne regista portoghese che mette in scena con grande lucidità e pure discreta ironia la vicenda di un quasi ottuagenario alle prese con un taglio netto delle sue radici famigliari. Il lavoro come realizzazione presente e proiezione verso un futuro sempre più difficile da immaginare (o semplicemente: da credere) ed il nipotino come germoglio che porterà avanti la storia, non solo quella di famiglia; questo può bastare per vivere una vecchiaia serena, a patto di riuscire a mantenere la disposizione d'animo giusta: il protagonista non si arrabbia per le ingiustizie e le disgrazie, semplicemente difende la sua dignità e continua con essa a portare avanti sè stesso senza drammatizzare. Purtroppo è un film molto, molto lento e spesso lunghi pianosequenza invogliano lo sbadiglio, ma il cast è di prim'ordine e la storia, per quanto lievemente angosciante, è interessante e ben lontana dai clichè del genere della tragedia famigliare o del percorso di elaborazione del lutto. E infatti non c'è alcun lieto fine, c'è solo un finale, che nemmeno chiede di essere interpretato o giudicato.
Un attore di teatro verso l'ottantina riceve la notizia della morte, in un incidente stradale, della moglie, del figlio e della nuora. Rimane solo con il nipotino, ma non si abbatte e trova nel lavoro e nel bambino la forza per continuare a vivere.
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