Regia di Brett Morgen vedi scheda film
NON SOLO UN DOCUMENTARIO, MA UN BUON FILM CHE RIFLETTE SULLA COMPLESSITA' DI UN ARTISTA, SENZA RIUSCIRE PERO' A COMPRENDERLO PIENAMENTE E A RACCONTARNE LE MILLE SFACCETTATURE. DA VEDERE PIU' COME UN'ESPERIENZA SENSORIALE E "METAFISICA"...
Definire questo film un documentario è riduttivo, perchè "Moonage daydream" non si limita a raccontare la vita di un genio, ma tenta di esplorarne la psiche e la mentalità. Non importa sapere quando Bowie sia nato e morto, quanti album abbia inciso o concerti abbia fatto: al regista non interessano queste informazioni "convenzionali", che chiunque potrebbe trovare su internet con una semplice ricerca. Brett Morgen, già autore di altri documentari, cerca di rispondere a una domanda, che è anche la più difficile se vogliamo: "chi era (o meglio, chi è, dato che è un artista immortale, paragonato a un dio) David Bowie?". Lo scopo è inquadrare un genio che di per sé è incomprensibile: sì, perchè quello che traspare dal film, è che fosse una sorta di alieno, un individuo che non si riesce a capire, tra le tante cose; infatti più che essere un cantante, Bowie era un intellettuale che faceva filosofia con la musica, passando spesso per la scrittura, la scultura e la pittura. Le sue riflessioni sul tempo, sulla solitudine, sull'universo, sull'uomo, che spesso sono metafisiche, diventano il fulcro del film: secondo lui il presente non esiste, è solo un tentativo di creare ordine in qualcosa che non si ferma mai e continua a procedere; da qui la decisione di non inserire le immagini di repertorio in modo cronologico (nonostante il racconto segua le fasi della sua vita in maniera ordinata). Morgen non si limita a mostrare interviste/concerti/foto dell'artista, ma omaggia il cinema aggiungendo delle sequenze provenienti dai classici della fantascienza e dell'horror: la scimmia che rompe l'osso e il monolite di 2001, i drughi che si muovono nel buio in "Arancia meccanica", l'apparizione di Nosferatu (di Murnau), il primo piano del dottor Caligari, il razzo che si prepara alla partenza e colpisce l'occhio della Luna nel corto di Melies... Perchè? Forse per accostare in maniera più incisiva i brani e la voce di Bowie (presente per il 90 per cento) ai temi che tratta; forse perchè quei film sono "alieni" come lui, difficili da analizzare come la sua personalità, così rivoluzionari da essere diventati immortali; o forse, ed è più probabile, Bowie si è ispirato ad essi per fare arte, anche perchè, lo dice ad un certo punto, lui avrebbe voluto girare film nella vita. Compaiono anche scene di quotidianità ambientate nei vari luoghi in cui ha vissuto (da Los Angeles a Berlino), perchè David era uno che si faceva influenzare molto dall'ambiente in cui si trovava per scrivere i testi delle canzoni. Interessante è il concetto di musica che aveva, cioè lui alcune canzoni non le capiva e non ne comprendeva il contenuto, ma si emozionava comunque, perchè ciò che contava era la sonorità, il ritmo, l'armonia tra gli strumenti: lo spettatore questo riesce a provarlo sulla propria pelle grazie al film, che può essere visto perfino come un'esperienza sensoriale da questo punto di vista.
Oggettivamente, da ammiratore di Bowie, ho apprezzato abbastanza il film, perlomeno l'ho trovato fuori dagli schemi del solito documentario. Eppure il regista non riesce a decifrare la mente di Bowie come avrebbe voluto, nel senso che purtroppo il film non è in grado di raggiungere un livello di profondità necessario per analizzare questo artista. Al di là della gestione dei brani, delle sequenze affascinanti, dell'esperienza sensoriale di cui ho accennato, ho notato che la figura di Bowie rimane ermetica e misteriosa; può essere un pregio e un difetto allo stesso tempo, ma sicuramente non giova al film, che risulta fine a se stesso dopo la visione.
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