Regia di Benjamin Ross vedi scheda film
Se “Citizen Kane” è pacificamente annoverato tra i migliori film mai realizzati, “RKO 281” allora potrebbe senz'altro costituire una delle più grandi nemesi della storia del cinema. La magniloquente estetica “wellesiana” viene del tutto prosciugata a favore d'un espediente narrativo dall'evidente taglio televisivo, funzionale alla rappresentazione nuda e cruda dell'uomo Welles. La figura del regista americano, implacabilmente spogliato dell'aura d'intangibilità che i suoi lavori e la sua gloria gli hanno procurato nel tempo, si riduce a un campionario di bassezze e infamie che la rendono deprecabile almeno quanto quella del famigerato magnate della stampa: due personaggi, infatti, quasi esattamente speculari nella prospettiva del loro esiziale “napoleonismo” (cfr. la sequenza dell'ascensore in cui entrambi si trovano l'uno accanto all'altro, riflessi lateralmente da uno specchio). In questo senso, l'opera di Benjamin Ross ha il notevole pregio di porsi anche come una taglientissima critica verso l'arte “tout court” e i suoi autori, in contrasto, quindi, con la tendenza generale d'incensare il “bello” pure lì dove sia intrinsecamente deviato e foriero di conseguenze negative.
Tenuto conto di tale impostazione, non risulterà affatto stonata l'immagine del cineasta che emerge a conclusione del film: e cioè quella d'un approfittatore senza scrupoli, a metà strada fra l'”imbroglione” e il genio... del male.
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